Due condanne a Palermo per le offese al presidente Mattarella del 2018

La sentenza del Gup di Palermo col rito abbreviato per le offese a Mattarella dopo le elezioni del 2018, quando venne affidato a Cottarelli un incarico esplorativo

Dopo le elezioni di marzo del 2018, il presidente Sergio Mattarella aveva affidato al professore Sergio Cottarelli un incarico esplorativo per verificare se ci fossero le condizioni per formare un governo. Una parte degli italiani vide questo mandato come un tentativo di sfuggire all’esito del voto popolare. Va ricordato infatti che gli elettori avevano premiato soprattutto il Movimento 5 Stelle e la Lega. I due partiti che poi, in effetti, formarono il governo giallo-verde. Di conseguenza ci furono una serie di violenti attacchi verso il presidente della Repubblica, dilagati sui social in una specie di isteria collettiva. Quindi su Sergio Mattarella si scatenarono anche tanti haters, con insulti così violenti da allertare la polizia postale. Gli autori degli attacchi furono tutti individuati.

RISCHIAVANO UNA CONDANNA A 15 ANNI

Dopo le indagini per alcuni “leoni da tastiera” ci fu l’archiviazione, mentre altri invece furono rinviati a giudizio. Come il palermitano Manlio Cassarà e il milanese Davide Palotti. Il primo aveva scritto in un post, con un riferimento a Piersanti Mattarella, che allora avevano ucciso il fratello sbagliato. Mentre il secondo aveva postato una foto di Mattarella a testa in giù, accostandolo a Benito Mussolini, riferendosi quindi al famigerato piazzale Loreto. Il rischio per i due era grave. Ci poteva essere una condanna fino 15 anni, in quanto erano accusati di avere leso l’onore e il prestigio al capo dello Stato, di istigazione a delinquere e attentato alla libertà del presidente.

LA SENTENZA

Ieri il Gup del tribunale di Palermo Giuliano Castiglia ha invece condannato, col rito abbreviato, Manlio Cassarà ad un anno ed ad un anno e Davide Pallotti A un anno e quattro mesi. Al vaglio del processo non hanno retto l’istigazione a delinquere e l’attentato alla libertà del presidente. Ha resistito solo l’offesa al presidente della Repubblica. I difensori, in appello, proveranno a ribaltare la decisione presa dal Gup, puntando sull’elemento psicologico del reato, e la sostanziale incapacità degli imputati di valutare le conseguenze di comportamenti indotti dal fenomeno social. Negando una precisa volontà e coscienza di volere attaccare Colle.