L’ecomostro di Cefalù, una storia di bruttezza e degrado che non avrà lieto fine
La vicenda del fabbricato incompiuto da oltre trent’anni pare non avere fine: sito all’ingresso del borgo madonita, ne accoglie i numerosi turisti con una vista tutt’altro che gradevole
Le bellezze di Cefalù non hanno bisogno di troppe presentazioni. La perla del Tirreno offre ai suoi visitatori bellezze naturali, scorci mozzafiato e luoghi storici, facendo del turismo uno dei principali settori da cui trarre guadagno. Peccato però che proprio all’ingresso del centro storico del borgo madonita lo scheletro di una costruzione incompiuta finisca per attirare lo sguardo – e a volte anche gli scatti – dei turisti. Stiamo parlando della cosiddetta “area Miccichè”, che da oltre trent’anni infesta le bellezze di Cefalù senza che si possa pervenire a una soluzione utile a eliminare quello che, col tempo, è divenuto un vero e proprio ecomostro.
L’area Miccichè, un ecomostro nel cuore di Cefalù
La storia della costruzione è lunga e articolata. Basti pensare che il proprietario e committente dei lavori, da cui l’area prende nome, ha ottenuto dal Comune di Cefalù la concessione edilizia nel 1982 per la realizzazione di un immobile composto di sette elevazioni (cinque fuori terra e due interrate), con destinazione ad uso residenziale. Attraverso alterne vicende, la realizzazione è andata avanti fino al 26 giugno 2001, quando decadde la concessione edilizia. Lavori interrotti e cantiere abbandonato. Il fabbricato è quindi finito lentamente vittima del degrado.
Nel 2009 si è poi proceduto al sequestro preventivo, eseguito dagli agenti del Commissariato di Cefalù, insieme al personale della locale polizia municipale, sotto la guida dei rispettivi dirigenti Manfredi Borsellino e Stefano Blasco. Il personale dell’UTC di Cefalù, che ha collaborato con gli inquirenti, aveva messo in luce nella sua relazione “lo stato di degrado igienico-sanitario, ambientale e di sicurezza sia dell’area che del fabbricato”. Vegetazione incolta, materiale di risulta e rifiuti si aggiungevano a infiltrazioni d′acqua e deterioramento della struttura.
“L’esecuzione dello scavo di fondazione, con alterazione della morfologia preesistente del terreno, non seguita dalla realizzazione di idonea protezione sui confini di proprietà, può provocare dei danni alle limitrofe proprietà nell′eventualità di fenomeni di cedimento dei soprastanti terreni”, avevano concluso geometri e periti. Da qui la decisione del Gip di sequestrare l′immobile, il cantiere e tutta l′area trasformatasi praticamente in una discarica a cielo aperto.
Uno stallo lungo trent’anni
La questione dell’ecomostro è tornata spesso all’onore delle cronache in occasione delle varie tornate elettorali. Tuttavia, ad oggi poco è cambiato in merito alla situazione. L’edificio è sempre lì, incompiuto e malmesso, scheletro di qualcosa che avrebbe potuto essere ma non è stato. Si era persino parlato del suo acquisto da parte del Comune con i proventi della vendita del servizio elettrico. I cefaludesi spesso chiedono la demolizione o comunque la messa a frutto dell’area, ma concretamente l’area Miccichè versa ancora in una situazione di stallo.
“L’area è di proprietà privata – fanno sapere dall’amministrazione a Palermo Live – quindi il Comune non ha un diretto potere sulla zona. Attualmente sono stati messi in sicurezza alcuni pilastri per evitare crolli, a seguito di ordinanza sindacale”.
“Per quanto concerne i progetti – prosegue l’amministrazione – la variante adottata dal Consiglio comunale al Piano regolatore prevede un Ati, ovvero un Ambito di trasformazione integrata, con destinazioni commerciali, turistiche e di servizi connessi”. Questo il progetto per quella zona. Tuttavia, nell’interlocuzione tra pubblico e privato la vicenda pare arenarsi. Come una sorta di grande punto interrogativo, che si concretizza in quello spoglio fabbricato che a distanza di trent’anni ancora accoglie i numerosi visitatori di Cefalù.