Lasciata per otto giorni su una barella, in una corsia, in attesa di un ricovero avvenuto quando ormai era troppo tardi. La drammatica storia di Maria Ruggia, 76 anni, ha scosso profondamente non solo la sua famiglia ma l’intera comunità. A raccontarci con forza e rabbia della sua morte, avvenuta all’ospedale Ingrassia di Palermo, è la figlia Romina
Maria, che soffriva già di numerose patologie (operata più volte al cuore, affetta da diabete e da un tumore al seno, sebbene circoscritto), si era recata al pronto soccorso per un semplice controllo, dovuto a sintomi di inappetenza e senso di vomito. Ma quello che doveva essere un accertamento è diventato il preludio a una tragedia. “Non abbiamo mai ricevuto risposte chiare, non abbiamo mai saputo veramente cosa stesse accadendo a mia madre. Nonostante le mie domande, nonostante fossi sempre presente, la situazione non è mai cambiata,” racconta Romina, visibilmente scossa.
I giorni passavano senza che ci fossero miglioramenti o comunicazioni adeguate. Fino a quando, dopo otto giorni su una barella, Maria viene ricoverato nel reparto di Medicina generale ma non c’era più nulla da fare. “È stato uno shock totale. Non avevo neanche capito inizialmente che la dottoressa stesse parlando di mia madre. Camminavo per strada invano. Mi sono trovata ad aspettare risposte che non arrivavano mai”, prosegue Romina. La tragedia non finisce qui: la donna non solo deve fare i conti con la perdita della madre, ma si trova anche ad affrontare il dolore di dover spiegare la situazione alla sorella invalida con disturbi cognitivi, che ancora aspetta che la madre ritorni a casa.
Romina ha deciso di ricorrere all’autopsia per cercare risposte su ciò che è accaduto, e la sua forza sta nel voler fare giustizia, non solo per la madre, ma anche per tutte le altre persone che potrebbero trovarsi in situazioni simili. “Spero che la nostra storia aiuti a cambiare qualcosa nel sistema sanitario, affinché nessun altro debba vivere una tragedia simile”.