Confisca di beni a Palermo dove gli agenti dell’Ufficio Misure di Prevenzione Patrimoniali della divisione Anticrimine della Questura hanno eseguito il provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione nei confronti di S.G. classe ‘50. Ricadono nella misura l’intero compendio di un’azienda edile di proprietà del figlio, ubicata in zona Uditore, comprensiva di diversi rapporti finanziari e sei autovetture per un valore di circa 1 milione di euro, applicando al proposto la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, per quattro anni e sei mesi. Le misure sono state richieste nella proposta congiunta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo e del Questore di Palermo già scaturite nel sequestro precedentemente eseguito dalla Polizia di Stato.
La caratura criminale di S.G., attualmente detenuto, in qualità di esponente di spicco della famiglia mafiosa di “Uditore”, storicamente inserita nel mandamento mafioso di “Passo di Rigano – Boccadifalco”, emerge sin dagli anni Novanta, quando è stato destinatario della sentenza irrevocabile di condanna per il reato di associazione di stampo mafioso.
In particolare, si rileva il suo ruolo di soggetto stabilmente inserito nel sistema di spartizione degli appalti dell’organizzazione mafiosa Cosa nostra, nonché di uomo di fiducia del boss Salvatore Riina per il quale si è messo a disposizione durante la sua latitanza anche come autista. In seguito alla cattura del boss nel 1993, durante la perquisizione effettuata all’interno dell’abitazione dove questi aveva trascorso l’ultimo periodo di latitanza, sono stati ritrovati appunti manoscritti con riferimenti anche ad altri membri della famiglia di S.G..
L’indiscussa pericolosità di S.G. è stata sancita negli anni ‘90 anche dal decreto di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno per 4 anni, nonché della confisca di beni, emessa anche nei confronti del fratello, essendo stato riconosciuto come l’attività imprenditoriale dei due fosse funzionalmente collegata a manifestazioni di condizionamento mafioso per l’aggiudicazione dei pubblici appalti.
Il ruolo operativo di S.G. emerge dalle indagini passate come da quelle recenti, a testimonianza della sua influenza imprenditoriale esercitata con continuità dagli anni ‘80/’90 fino ad oggi, caratterizzata dall’utilizzo della forza intimidatrice esercitata da Cosa nostra nel campo degli affari in special modo nel campo dell’edilizia. Infatti, in ultimo, la figura criminale di S.G. è emersa in seguito alle indagini confluite nell’ordinanza di custodia cautelare penale eseguita nel luglio 2019 dalla locale Squadra Mobile nell’ambito dell’operazione “New Connection”, nei suoi confronti nonché di altri esponenti del mandamento mafioso di Passo di Rigano – Boccadifalco.
Per i fatti oggetto delle suddette indagini S.G. è stato condannato in primo grado alla pena di anni 11 e mesi 8 di reclusione in quanto riconosciuto colpevole per i reati di intestazione fittizia e di associazione di stampo mafioso per aver fatto parte della famiglia mafiosa dell’Uditore, nonché per aver partecipato a numerosi incontri con esponenti di rilievo di cosa nostra appartenenti anche ad altre famiglie.
In particolare la società oggetto dell’odierna confisca, costituita nel 2006 da S.G. unitamente alla coniuge, nel 2008 è stata trasferita al figlio, nonostante lo stesso non disponesse dei redditi sufficienti per fare fronte all’investimento necessario per l’acquisto delle quote della società stessa. Inoltre, ulteriori indagini hanno consentito di accertare che, anche dopo la cessione dell’azienda, la gestione di fatto della stessa è rimasta pienamente in capo a S.G. il quale ha continuato, infatti, ad occuparsi di procacciare lavori alla società, di decidere in ordine all’acquisto dei beni strumentali e all’assunzione degli operai, nonché di curare i rapporti con i clienti ed i fornitori.
Sulla base dell’acclarata e persistente pericolosità di S.G., caratterizzata dalla sua stabile partecipazione al sodalizio mafioso, l’Ufficio Misure di Prevenzione Patrimoniali della Questura di Palermo ha avviato le indagini patrimoniali che hanno permesso di individuare i beni oggetto dell’odierno sequestro, formalmente intestati ai familiari, ma di fatto riconducibili al predetto che, in virtù della sua posizione di spicco all’interno di Cosa nostra, ha potuto investire ingenti capitali, frutto di illecita provenienza, per l’acquisizione di tali beni.