Nella giornata di ieri, 11 febbraio, i cadaveri di due donne sono stati ritrovati a Riposto, nel Catanese. Successivamente Salvatore La Motta, 63 anni, si è tolto la vita sotto gli occhi dei carabinieri, davanti alla caserma dove si era presentato con la dichiarata volontà di costituirsi. L’uomo era un ergastolano che stava usufruendo di una licenza premio di una settimana. Proprio nella mattina del delitto avrebbe dovuto far rientro nel carcere di Augusta, nel Siracusano.
Gli inquirenti stanno cercando di far luce sul tragedia. La Motta avrebbe avuto una relazione extraconiugale con la prima vittima, Carmelina Marino, la 48enne trovata morta sul lungomare Pantano all’interno di un’auto. La seconda vittima, Santa Castorina, 50 anni, è stata invece uccisa in via Roma. Si sta cercando di capire che collegamento potesse esserci con quest’ultima. Nel pomeriggio di ieri, inoltre, i carabinieri hanno fermato un 55enne, Luciano Valvo, che avrebbe accompagnato La Motta con la sua auto nella zona portuale di Riposto dov’è stata uccisa Carmelina Marino. Poi l’avrebbe anche riaccompagnato a casa.
Salvatore La Motta, detto “Turi”, era il fratello di Benedetto La Motta, noto come “Benito” o “Baffo”. L’uomo sta scontando trent’anni di carcere, ottenuti in abbreviato, per l’omicidio di Dario Chiappone, giovane di 27 anni ucciso con sedici coltellate alla gola e al torace a Riposto, la sera del 31 ottobre del 2016. Benedetto La Motta, ritenuto esponente di spicco del clan Santapaola-Ercolano, avrebbe ordinato quell’agguato per volontà di altri imputati.
Salvatore La Motta, ritenuto esponente di spicco del medesimo clan mafioso, era stato arrestato a Riposto da carabinieri del nucleo operativo di Catania il 16 giugno del 2000. Qualche giorno prima era stato condannato all’ergastolo dalla terza sezione della Corte d’assise d’appello. L’accusa nei suoi confronti era di essere uno dei componenti del gruppo che, il 4 gennaio del 1992, uccise davanti a un bar del paese il 69enne Leonardo Campo, ritenuto uno dei capi storici della malavita di Giarre.
Inoltre nel giugno del 1999 La Motta era tra i destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Catania, su richiesta della Dda della Procura, nei confronti di 71 presunti appartenenti alla cosca mafiosa Santapaola operante tra i comuni di Fiumefreddo di Sicilia e Giarre.
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