Esami annullati, il sit in al Tribunale dei praticanti avvocati

La denuncia dei praticanti: “Del Covid si sa da mesi, perché non studiare una diversa modalità di esami come nelle altre professioni?”

praticanti

Anche il settore della giustizia comincia a subire ripercussioni dalla seconda ondata di contagi da Covid-19. Questa volta tocca ai praticanti avvocato che, col Decreto ministeriale 10 Novembre 2020 del guardasigilli Bonafede, vedono ulteriormente differita a data da destinarsi la sessione d’esame abilitante alla professione.

“Per diventare avvocato non bastano 18 mesi di pratica, spesso senza alcun rimborso spese e un esame arcaico, iniquo e incerto, adesso ci viene anche rubato un altro anno, senza alcuna indicazione sulle modalità di svolgimento – sostengono Emanuele Cocchiara e Nicoletta Lauricella , praticanti avvocato e organizzatori della manifestazione di oggi – . È assurdo come il sogno della libera professione dipenda da un esame definito garante della qualità dallo stesso sottosegretario alla Giustizia, ma che ci tiene per anni in sospeso con percentuali di ammessi bassissime dopo correzioni degli scritti che spesso durano solo pochi minuti.

Nel 2020 abbiamo assistito i nostri coetanei abilitarsi a tutte le altre professioni con un esame orale che a noi viene negato. C’è un evidente lesione del diritto alla parità di trattamento mentre nelle aule parlamentari non si vuole ancora decidere su una riforma che viene reclamata a gran voce da anni.”

ESAME SALTATO

Le prove si sarebbero dovute svolgere il 15, 16, e 17 dicembre prossimi, date ormai annullate dopo il parere del Comitato tecnico scientifico secondo il quale l’accesso di migliaia di candidati presso le sedi d’esame, l’impossibilità di prevenire assembramenti e la notevole durata temporale prevista per le prove di esame, costituiscono, nel contesto sanitario attuale, fattori di criticità di rilievo che sconsigliano l’espletamento delle prove.

La risposta dei praticanti, però, è immediata: “A fronte di una situazione sanitaria che, purtroppo, va avanti da quasi un anno, solo a un mese dall’esame di abilitazione forense, il Ministro Bonafede comunica il rinvio ancora senza alcuna data certa, non contemplando alcuna modifica alle modalità di esame. Sapevamo da mesi che il rischio del contagio non avrebbe permesso a migliaia di praticanti avvocati di stare chiusi per tre giorni nelle enormi aule, ma soltanto a ridosso dell’esame ci viene comunicato un rinvio senza alcuna proposta alternativa. Non chiediamo la laurea abilitante o un provvedimento che ci proclami avvocati senza alcun esame, ma semplicemente di poter avere la possibilità di esercitare, come tutti, in modo più rapido la professione per la quale studiamo da anni.”

RIFORMARE ESAME DI STATO

Il problema non è sicuramente nuovo, già il 15 settembre nel bando per l’esame di “Avvocato 2020”, all’articolo 8, è scritto che sarebbero state individuate delle misure per garantire il rispetto delle normative anti contagio. Ci si chiede quindi cosa sia andato storto nelle previsioni per spostare nuovamente i termini, nonostante si conoscesse la situazione avversa. Ma soprattutto, ci si chiede come mai non si parli in modo concreto di riformare l’esame di Stato per la professione forense, quest’ultimo fortemente contestato per la sua arretratezza e poca meritocrazia. I dati dello scorso anno riportano che soltanto il 45% dei candidati siciliani è stato ammesso alla prova orale, percentuale che si alza al 57% per gli ammessi nel capoluogo. Che il covid possa dare una scossa al sistema?

PROTESTA DAVANTI IL TRIBUNALE

Il sit-in di questa mattina di fronte al tribunale di Palermo vede la presenza a supporto dei diversi gruppi di praticanti anche di APRA e AGIUS, associazioni di praticanti e giovani avvocati. Questo il loro appello pubblicato sull’evento lanciato sui social: “Chiediamo di non essere privati di altro tempo, della possibilità di affermarci professionalmente attraverso una semplice abilitazione, la cui professione che ne deriverà dipenderà solo dalle nostre capacità e non certo dalle tasche dello Stato, dell’opportunità di perseguire i nostri programmi di vita e della possibilità di contribuire alla Giustizia di questo Paese, che per noi è principio cardine di un percorso durato anni. La stessa giustizia che a noi oggi viene nega”