L’ultimo Dpcm firmato stanotte dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte scatena anche i malumori della Fials, la Federazione Lavoratori Autonomi dello Spettacolo di Palermo.
Tra i provvedimenti di contenimento del Covid-19, infatti, c’è anche la chiusura dei teatri e delle sale da concerto. Una misura che rischia di trasformarsi in un macigno insormontabile per la sopravvivenza del settore dei professionisti ed artisti dello spettacolo.
«Siamo rammaricati per come i teatri vengono considerati, ossia non un luogo di cultura ma di diletto e di svago, essendo stati equiparati alle sale bingo e non ai musei», afferma Antonio Barbagallo, segretario della Fials di Palermo. «Inoltre – prosegue – notiamo che i luoghi di culto, che sono notoriamente centri di assembramento, in seguito a questo provvedimento resteranno aperti, cosa che invece non accadrà laddove si svolge un rito laico. Ci auguriamo di poter continuare con le attività lavorative, in prospettiva di una pronta riapertura al pubblico. La cancellazione di alcuni spettacoli, che potrebbe essere imminente, fa riapparire lo spettro di un riutilizzo della cassa integrazione, già ampiamente impiegata in questi mesi».
Tanti artisti sono intervenuti virtualmente pubblicando un dato inequivocabile: secondo la Agis, l’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, è stata rilevata l’evidenza di appena un contagiato nel periodo compreso dal 15 giugno al 10 ottobre, su 2782 spettacoli a fronte di quasi 350.000 spettatori.
«Condivido, in questo momento così particolare – conclude Barbagallo – le preoccupazioni espresse dal Sovrintendente della Fondazione Teatro Massimo, Francesco Giambrone, con il quale auspichiamo di trovare una soluzione che non danneggi ulteriormente i lavoratori della fondazione. In caso di cancellazione degli spettacoli, le nostre proposte riguardano la rimodulazione dell’ultima parte della stagione e l’attivazione dello smart working in vista di una auspicabile ripresa dell’attività».