Da oggi tornano possibili i licenziamenti anche per artigianato, terziario, piccole imprese, pelletteria, tessile e abbigliamento. Il blocco, istituito a febbraio 2020, era nato per per mitigare gli effetti sociali della pandemia. Il 31 ottobre è terminato infatti quello che restava del blocco dei licenziamenti economici. Da ora in poi anche le imprese ancora non potevano, quindi tutto il settore dei servizi, le piccole ditte oltre all’industria tessile e dell’abbigliamento, potranno licenziare i dipendenti e ristrutturare gli organici. Già a giugno 2021 il divieto era stato revocato per le imprese medio-grandi della manifattura e dell’edilizia. Adesso termina anche per il terziario, le piccole aziende, l’artigianato e tre comparti dell’industria: tessile, l’abbigliamento e la pelletteria.
Lo sblocco riguarda circa 13 milioni di lavoratori italiani, perlopiù concentrati nelle piccole aziende, che di solito sono anche le meno sindacalizzate. Il governo ha deciso di affiancare alla scadenza del provvedimento la proroga della cassa integrazione Covid per le piccole imprese del terziario, il commercio, gli artigiani e i giornalisti tra il 1° ottobre e il 31 dicembre. Quindi per un massimo di tredici settimane, che si riducono a nove per i settori tessile, abbigliamento e pelletteria. I datori di lavoro che usufruiscono di questo particolare ammortizzatore sociale non possono licenziare salvo diversi accordi collettivi in casi specifici.
Cosa succederà adesso? Lo sblocco dei licenziamenti dello scorso 30 giugno aveva già coinvolto i 4 milioni di lavoratori assunti a tempo indeterminato nell’edilizia e nella manifattura. Quale è stato l’impatto? L’osservatorio della Banca d’Italia ha certificato che il numero delle cessazioni è stato modesto. In luglio, infatti, si sono avuti 10 mila licenziamenti sbloccati, un dato in linea con i livelli del 2019. In agosto, i numeri sono stati ancora più contenuti.