Frode sugli aiuti Covid per le imprese, arresti anche in Sicilia: sequestro di beni da 9,7 milioni di euro

Recuperato circa il 97% dell’ammontare della presunta frode allo Stato nell’ambito delle indagini della Guardia di Finanza, che hanno condotto nel mese di gennaio scorso a 12 arresti. Tra le Regioni interessate dal presunto sodalizio criminale anche la Sicilia

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Un articolato sodalizio criminale, con base operativa a Rimini, ma ramificato in tutto il territorio nazionale. Si parla di 56 associati e 22 prestanome ritenuti, almeno allo stato delle indagini, responsabili di una frode allo Stato italiano da 440 milioni di euro. Il tutto commercializzando falsi crediti di imposta, introdotti tra le misure di sostegno emanate con il Decreto Rilancio (D. L. 34/2020), durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per aiutare imprese e commercianti.

Questo il fulcro delle indagini dei Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, coordinati dalla locale Procura della Repubblica. Con il supporto di 44 Reparti territorialmente competenti, nello scorso mese di gennaio, si erano eseguite 35 misure cautelari e oltre 80 perquisizioni. Tra le regioni interessate anche la Sicilia. Vi erano poi Emilia Romagna, Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Toscana, Trentino e Veneto. In tutto 12 gli arresti.

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Recuperato circa il 97% dell’ammontare della presunta frode

L’attività investigativa è proseguita con l’obiettivo di recuperare quanto più possibile, rafforzare il quadro investigativo e sfruttare gli esiti delle perquisizioni per lo sviluppo dell’attività. Sono infatti 175 gli apparati informatici sequestrati nelle perquisizioni, oltre 20 terabytes di preziosissimi dati da analizzare.

Uno sforzo che ha dato come risultato il recupero di circa il 97% dell’ammontare della presunta frode. Il tutto tra immobili, società, veicoli e disponibilità finanziarie e crediti, bloccati prima che venissero ceduti. Di questi, oltre 80 milioni erano infatti già stati immessi nel sistema di vendita e sarebbe bastato un click per farli sparire. Il totale dei crediti sequestrati e di cui è stata impedita la vendita ammonta a circa 305 milioni di euro.

Criptovalute, oro, platino, orologi

Particolare attenzione a ricostruire come gli indagati avessero impiegato i soldi. Si sono quindi cercate tracce delle movimentazioni verso l’estero nonché di acquisto di moneta virtuale. Tra i beni sequestrati vi sono, infatti, criptovalute, attualmente custodite in un wallet così da impedirne la movimentazione; oro, platino e orologi. Questi ultimi, dal valore importante, erano detenuti in una cassetta di sicurezza in Austria. La perquisizione e il sequestro ha visto la collaborazione delle autorità austriache che hanno recepito un Ordine Investigativo Europeo della Procura di Rimini e un Ordine di Congelamento emesso dal G.I.P. di Rimini del Tribunale del capoluogo.

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Decisivo il ruolo dell’Ufficio italiano presso Eurojust, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale che aiuta le Amministrazioni nazionali a collaborare per combattere il terrorismo e gravi forme di criminalità organizzata che interessano più di un Paese dell’Unione. L’intervento di Eurojust ha consentito di assicurare una rapida esecuzione a richieste di accertamenti bancari. Ha inoltre agevolato efficacemente il coordinamento e l’esecuzione in Austria di un sequestro di beni di rilevante valore.

La prosecuzione delle indagini ha consentito di quantificare le percentuali di guadagno e quindi il profitto dell’attività di commercializzazione dei falsi crediti. Confermata, almeno allo stato delle indagini, l’ipotesi del riciclaggio a suo tempo contestata a 5 indagati. Per questi il G.I.P. ha emesso un secondo decreto di sequestro preventivo per 9,7 milioni di euro che ha riguardato immobili, quote societarie e veicoli.