Quando le bombe hanno cominciato a devastare l’Ucraina, fin da subito c’è stata tanta gente che ha deciso di scappare. Per chi è riuscito a farlo nei primi giorni la fuga è stata gratis. Ma poiché anche la guerra ha le sue leggi di mercato, successivamente mettersi in salvo ha avuto un prezzo. All’inizio bastavano 200 dollari a persona. Ma ora, raccontano i profughi che arrivano all’hub della Stazione Centrale di Milano, si arriva anche a 500 euro. È un giro d’affari che prospera nel sottobosco delle frontiere, animato da figure intraprendenti e poco inclini alla solidarietà. Autisti, doganieri o semplicemente chi ha ancora un’auto e sa come procacciarsi la benzina. Sono ucraini, bielorussi e rumeni che, sull’onda di un popolo terrorizzato che si riversa ai confini, fiutano l’odore dei soldi.
Il viaggio della speranza per superare il confine ha un costo, e continua a salire. Ed è un fenomeno che non ha nulla di improvvisato. Ci sono le chat su Telegram per chi cerca passaggi, e ci sono quelli che partono con le merci e tornano con le persone. Un traffico che ha mappe precise e tariffe più o meno codificate. Lo spiega un missionario che opera in Romania ed è in contatto con i profughi: «Esistono tre corridoi: quello polacco, quello rumeno di Siret e quello di Odessa». Chi tenta di varcare il confine con la Polonia trova anche pullman vuoti, ma il varco alla dogana è contingentato. «Vuoi entrare? Paghi. Quattrocento euro a persona». Il corridoio a Siret invece è libero ma il cammino si blocca al confine con l’Ungheria. Anche qui servono 400 euro per approdare a uno dei tanti campi per rifugiati. Infine il corridoio di Odessa, il più complicato. «Qui il rischio è alto, si spara per strada, medicine zero, si beve l’acqua che cola dalle grondaie. Perciò il prezzo sale», spiega il missionario. E aggiunge: «Ai 400 euro più o meno di base del trasporto, se ne aggiungono altri 500 per trovare qualcuno che abbia fegato di portarti fuori dalla città».
Una profuga racconta: «Ci sono anche alcuni ucraini che da anni vivono in Italia e ora hanno convertito il loro lavoro. Prima facevano su è giù portando i pacchi dei connazionali. Adesso caricano le merci, le portano alla frontiera e tornano con i profughi. In tempo di pace bastavano 100 euro per un passaggio, oggi ce ne vogliono molti di più. E dicono che i soldi servono a finanziare l’esercito». Ma altri non fingono nemmeno il sostegno ai soldati, chiedono soldi e c’è anche chi li ruba, sostiene un’altra. E mostra alcuni messaggi su Telegram. «Ciao, volete aiuto per uscire da Mariupol?» scrive uno. «Sì, per favore, stiamo male. La casa è distrutta, anche la cantina», è la risposta angosciata di una famiglia. Subito arrivano le condizioni: «Tra due giorni possiamo portarvi via. Dovete versarci 2.000 euro, la metà subito con addebito sulla carta di credito, il resto dopo». E la famiglia dopo ha capito che purtroppo aveva avuto a che fare con un ladro, perché l'”affare”, dopo l’acconto, è andato in fumo. Ma le richieste disperate sono tante. Provengono anche dall’Italia: «Vi prego. Cerco qualcuno nelle vicinanze di Tal’ne che possa portare al confine due donne e una bimba di due anni. Sono disposto a pagare qualsiasi cifra», si legge in un messaggio sulla pagina “Italiani in Ucraina”.