È arrivato il giorno del funerale di Biagio Conte. Nella Cattedrale affollatissima si levano preghiere e ricordi in memoria del missionario laico che nel 1993, a Palermo, diede vita alla Missione di Speranza e Carità. Un’opera frutto di una profonda crisi spirituale che spinse lui, che tutto aveva, a rinunciare al benessere per portare aiuto a chi invece non aveva nulla.
In questi giorni in tanti si sono presentati alla camera ardente allestita in via Decollati 29, presso la Cittadella del Povero e della Speranza, dove fratel Biagio si è spento giovedì, 12 gennaio. Le sue condizioni di salute avevano destato forte apprensione in tutta Palermo. Il capoluogo è accorso poi ieri sera al corteo che ha portato la salma in Cattedrale, dove fino a mezzanotte si è tenuta la veglia officiata dal vescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice.
Tante le autorità presenti questa mattina al funerale. C’è il presidente della Regione, Renato Schifani, il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, e l’ex primo cittadino Leoluca Orlando.
“Fratel Biagio era un mite ma potente lottatore – ha detto monsignor Lorefice nel corso dell’omelia (QUI IL VIDEO) -. Lottava con l’arma del digiuno per tendere al massimo la sua forza umile e non violenta”. La vita del missionario laico diviene così incarnazione dei valori del Vangelo, nel suo aver abbandonato tutto per dedicarsi agli altri e vivere “da povero, con i poveri e per i poveri”.
“Tutti lo sentivamo vicino, perché chi di noi, in verità, non è povero? Siamo tutti poveri, anche quando non lo sappiamo”, prosegue il vescovo di Palermo, riflettendo sulle vane certezze che l’uomo è solito costruirsi. Biagio aveva invece posto in Dio “tutta la sua fiducia”: “Era pieno, ricco e non aveva niente, non gli mancava nulla. Solo i poveri, la pace e la giustizia erano le sue passioni”.
“Era pieno di vita anche alla fine, anche sul letto che è diventato la sua croce; sempre attento a ciò che succedeva nella città terrena, sempre in movimento anche alla fine, quando non poteva muovere più le gambe ma muoveva il suo cuore”. Il missionario – dice monsignor Lorefice – viveva “la gioia che non è sottoposta alle vicende della vita e della salute”, ma che deriva da Dio.
“Ha amato la sua Palermo, si è coinvolto nelle sue sofferenze e contraddizioni come il nostro Pino Puglisi”, prosegue l’omelia.
“Ha praticato la giustizia”, dice ancora il vescovo citando il profeta Michea. Il ricordo va al suo spendersi per gli altri e per Dio, ai momenti in cui si ritirò nell’eremo per alcuni periodi. “Avevamo l’impressione quando ci parlava che nello stesso tempo fosse in contatto con Te, parlavamo con lui e sentivamo che c’eri Tu, che c’erano tutti i fratelli e le sorelle che incontrava. Davvero ha vissuto camminando umilmente, dandoci la mano, stando all’ultimo posto con noi, stando con Te”.
“Abbiamo anche visto piangere fratel Biagio”, dice Lorefice, fermandosi un attimo e commovendosi. Un forte applauso si leva allora all’interno della Cattedrale. “Fa che possiamo rimanere anche noi turbati, perché l’amore non è avaro – riprende – e avere lacrime come le sue, come quelle dell’umile frate d’Assisi che dice: “Piango le lacrime del mio Signore””.
Il monito finale è quello a non smettere di sperare per “una Palermo nuova”. Una Palermo per cui lottare “con la stessa follia di Biagio”.
Il pensiero di molti va intanto al futuro della Missione di Speranza e Carità, che ha perso il suo carismatico fondatore e punto di riferimento. La raccolta delle offerte di oggi sarà destinata interamente all’opera missionaria palermitana. Al termine della funzione l’Eucarestia è stata data anche alle moltissime persone rimaste fuori dalla Cattedrale
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