Avrebbero messo a segno dei furti d’auto e motocicli per poi estorcere denaro ai legittimi proprietari mediante il metodo del cosiddetto “cavallo di ritorno”. Sono queste – e non solo – le accuse rivolte ai sette destinatari dell’ordinanza eseguita stamani a Palermo dai Carabinieri della Compagnia San Lorenzo e dagli agenti della Squadra Mobile “Sezione Reati contro il Patrimonio”. Il provvedimento, emesso dal gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Procura della Repubblica, contesta loro, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio, rapina ed estorsioni.
L’operazione è il risultato di un’indagine avviata nel 2021 e condotta dal Nucleo Operativo della Compagnia San Lorenzo e contestualmente, con analoga attività, dalla Squadra Mobile della Questura. Al termine è emersa l’operatività di un sodalizio criminale i cui componenti sono ritenuti responsabili di una rapina a mano armata, nonché di numerosi furti di autovetture e di motocicli, in relazione ai quali gli arrestati avrebbero, con il metodo del “cavallo di ritorno”, estorto ai proprietari somme di denaro, oscillanti tra i 300 e i 1.500 euro, per tornare in possesso dei loro mezzi.
In particolare, i sette destinatari dei provvedimenti restrittivi, tutti abitanti nel quartiere di San Filippo Neri, sono ritenuti responsabili di numerosi furti commessi nel capoluogo e nei comuni limitrofi avvalendosi anche della complicità di altri indagati.
Le indagini nel loro complesso hanno fatto luce su 26 episodi di estorsione, 28 furti, 19 ricettazioni, una rapina aggravata e una condotta di riciclaggio. Nel corso dell’attività, tre persone sono state arrestate in flagranza di reato e ulteriori tredici sono state denunciate a piede libero per i reati consumati e tentati di furto e ricettazione. Complessivamente, risultano indagate in stato di libertà altre 22 persone.
È doveroso rilevare che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, seppur gravemente, e che la loro posizione verrà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso dell’intero iter processuale e definita solo a seguito dell’eventuale emissione di una sentenza di condanna passata in giudicato, in ossequio al principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.