Quando il giudice di pace non mette pace
Un’automobile rimossa, la proprietaria che allega la foto discolpante e una sentenza che non ne tiene conto. Leggete la motivazione
Il rapporto tra cittadino e giustizia vive di conferme quotidiane, come è giusto che sia. E non di rado accade che il primo avverta, a torto o a ragione, un eccesso di severità per non parlare di vera e propria ingiustizia. Episodi che possono far pensare, su fronti opposti, a eccessi di vittimismo o a un esercizio arbitrario della giustizia se ne contano a centinaia, senza bisogno di scendere nel campo del diritto penale, terreno senz’altro più scivoloso. Tale premessa è necessaria per inquadrare senza pregiudizi il caso che ci è stato segnalato, che potrebbe sembrare banale ma nasconde alcuni indizi che fanno riflettere, se non altro per la mancanza di chiarezza dell’atto conclusivo. I fatti risalgono a oltre 3 anni fa, un giorno come tanti altri, una storia che chissà quanti di noi potrebbero raccontare: un posteggio in prossimità di un passo carrabile. I vigili rimuovono la vettura scrivendo nel verbale che essa ostruisce il passo. La signora proprietaria del veicolo contesta ed esibisce una foto digitale (che riporta, quindi, data e ora) nella quale si vede l’auto in questione posteggiata vicino al passo carrabile ma senza ostruirlo.
Direte voi, ma come mai giusto giusto la signora è in possesso di quella foto? Semplice, il marito è un perito balistico e sa bene che talvolta i dettagli possono preservare dai guai. E se si posteggia, come spesso capita, in prossimità di una zona vietata è meglio possedere la documentazione adeguata a dimostrare le proprie ragioni. E’ un’abitudine della coppia e anche in quella circostanza il copione è stato rispettato. Inutile dire che il ricorso avverso alla sanzione è stato automatico, davanti al giudice di pace, come vuole la prassi. La documentazione allegata parla della foto della vettura, di due perizie tecniche che descrivono lo spazio correttamente occupato dalla vettura e della testimonianza del marito della conducente.
Il giudice A.G., circa un anno e mezzo dopo emette la sua sentenza con la quale rigetta il ricorso. Queste le motivazioni: “Invero dall’esame della prova testimoniale resa dai due verbalizzanti (i vigili urbani, ndr) è risultato che la vettura sanzionata si trovasse al momento dell’accertamento parcheggiata davanti il passo carrabile. ..”. Inoltre la testimonianza del marito della proprietaria dell’auto “risulta ininfluente ai fini del decidere, atteso che lo stesso ha fatto riferimento a fatti e circostanze verificatesi prima dell’accertamento della Polizia Municipale, intervenuta sui luoghi alle ore 14.32 del…, mentre il teste ha riferito fatti temporalmente antecedenti a quanto accertato dai verbalizzanti”.
Fin qui tutto chiaro. Ma la fotografia facente parte della documentazione della difesa porta l’orario delle 13,50, cioè 42 minuti prima dell’orario in cui i vigili hanno contestato l’infrazione. Alla sentenza non è allegata prova fotografica che certifichi che la vettura alle 14.32 fosse posteggiata proprio davanti al passo carrabile. Quindi si presume che la signora in questione abbia posteggiato alle 13.50 in posizione regolare e che nell’arco dei successivi 42 minuti abbia spostato la vettura parcheggiandola in modo non corretto a pochi centimetri da dov’era prima. Certo, possibile ma oggettivamente improbabile. Né si fa riferimento all’eventuale produzione di documentazione falsa, la foto della signora non è proprio presa in considerazione (ed è nei poteri del giudice che lo specifica in sentenza) “è consentito al decidente di potere ammettere mezzi istruttori ove gli stessi siano indispensabili ai fini del decidere… tanto più che il Comune aveva dedotto mezzi di prova sin dall’atto di costituzione….”.
Domanda: ma qual è il mezzo di prova? E se si tratta di una foto comprovante ciò che sta scritto nel verbale, perché non portarla a conoscenza e non allegarla al dispositivo di sentenza? Ecco la chiarezza che farebbe bene a chi legittimamente si oppone ad un atto della pubblica amministrazione. E farebbe bene a chi legge questa storia perché ogni dubbio non avrebbe più ragione d’esistere.