Il ricordo di Giuseppe Montalto, ucciso dalla mafia venticinque anni fa

L’agente scelto della Polizia Penitenziaria si oppose ai voleri di un boss. Cosa Nostra lo freddò dinanzi alla moglie

“Con coraggio, ha condiviso un ideale di società lontana dalla mafia e dall’ ingiustizia, anche in contesto difficile come quello carcerario nel quale, a maggior ragione, legalità, rispetto dei diritti e del diritto devono camminare insieme”.

Il primo cittadino di Palermo Leoluca Orlando non avrebbe potuto scegliere parole più adeguate per ricordare e omaggiare la figura di Giuseppe Montalto, agente scelto della Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa di reclusione Ucciardone – oggi intitolata a Calogero Di Bona – ucciso nel dicembre di venticinque anni fa.

IL RICORDO DELLA MOGLIE LILIANA RICCOBENE

Un eroe – suo malgrado – che perse la vita per servire lo Stato difendendo la legalità e il senso del proprio lavoro. Suo malgrado perché, come precisato più volte dalla moglie Liliana Riccobene, Giuseppe Montalto era un uomo semplice e perbene. Più precisamente, un uomo interessato “soltanto” a svolgere il proprio compito all’insegna della correttezza e del rispetto delle regole. Scelte di vita incompatibili con i dettami della mafia trapanese, che ne decretò la fine: l’agente, infatti, fu ucciso per il rifiuto opposto ai voleri di un boss. Eroe inconsapevole, dunque, ma soprattutto un uomo integerrimo che credeva profondamente nel ruolo che rivestiva.

L’ OMICIDIO

Era il 1995. Durante un controllo all’interno della sezione di massima sorveglianza del carcere dell’Ucciardone, Giuseppe Montalto intercettò un pizzino destinato ad un boss e lo sequestrò. Il 23 dicembre un sicario lo uccise dinanzi alla consorte, nella frazione di Palma, a Trapani, sua città d’origine : un “regalo di Natale” nella migliore (si fa per dire) tradizione di Cosa Nostra. La coppia era in auto, insieme alla figlia Federica, sul sedile posteriore, che all’epoca aveva appena dieci mesi. “Un marito ed un padre esemplare fino all’ultimo – lo descrive la moglie – che, quella notte, facendo scudo, salvò me e le nostre figlie”.

Giuseppe Montalto con la figlia Federica (dall’archivio di poliziapenitenziaria.it)

Sì, perché la donna era in attesa della secondogenita Ilenia. Ma il ricordo commosso e pieno di stima per l’uomo e il poliziotto non è solo quello, affettuosamente parziale, della moglie. Chi ebbe la fortuna di conoscerlo, lo descrive come una persona generosa, dalla forte umanità, di animo nobile e comprensivo nei confronti dei detenuti.

L’ INTITOLAZIONE E I TRIBUTI ALLA MEMORIA

Giuseppe Montalto aveva trascorso i primi anni in servizio presso il carcere Le Vallette a Torino. Nella stessa regione, il Piemonte, gli è stato intitolato l’Istituto Penitenziario di Alba, in provincia di Cuneo. Giuseppe Montalto è stato anche insignito della Medaglia d’oro al valore civile.

Preposto al servizio di sorveglianza di esponenti del clan mafioso denominato ‘Cosa Nostra’, nonché di criminali sottoposti al regime carcerario 41 bis, assolveva il proprio compito con fermezza, abnegazione e alto senso del dovere. Proditoriamente fatto segno a colpi d’arma da fuoco in un vile attentato tesogli con efferata ferocia da appartenenti all’organizzazione criminosa, sacrificava la vita a difesa dello Stato e delle istituzioni”, si legge nell’assegnazione.

Nel 2007, la Provincia regionale di Trapani, inoltre, ha istituito una borsa di studio che porta il suo nome.