Ufficio del processo, Armetta (Ordine Avvocati Palermo): “Non vorrei fosse spreco di denaro pubblico”
A Palermo Live l’intervista ad Antonello Armetta, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, su ufficio del processo, riforma della giustizia e solidarietà all’Ucraina
Concluso il primo da 8.171 posti, arriva un nuovo concorso all’Ufficio del processo. Il Ministero della Giustizia si appresta così a reclutare 5.410 risorse tecniche e amministrative, diplomate e laureate, per rafforzare e ringiovanire l’organico di tribunali penali e civili.
“Al sud Italia c’è stato un numero di domande superiore rispetto al numero di posti da coprire, al nord ci sono state invece delle vacanze. Tanto che hanno deciso che la graduatoria distrettuale, cioè per ambito territoriale, diventa nazionale in modo che ragazzi del sud vadano al nord a coprire questi posti”. A spiegarlo a Palermo Live è Antonello Armetta, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Palermo.
Ufficio del processo, una riforma a tempo determinato
Di non essere un grande sostenitore di tale riforma Armetta lo afferma già da tempo. “Questi soldi potevano essere usati per assumere, a tempo indeterminato, queste persone come cancellieri, magistrati o quant’altro – spiega -. Questa è, invece, una riforma a tempo determinato. A queste persone viene, di fatto, impedito di svolgere l’attività professionale per tre anni, perché incompatibile con tutto il resto; tra tre anni, se non verranno stabilizzati – e la vedo difficile perché i soldi del Pnrr finiranno -, dovranno ricominciare da zero. È questo che a me non piace”.
Le nuove assunzioni, infatti, varranno per un periodo non superiore a 36 mesi. L’idea del presidente dell’Ordine degli Avvocati di Palermo è chiara. “Siccome è un’occasione di investimento unica – afferma -, bisognava fare investimenti strutturati, non occasionali. Tra l’altro, questi ragazzi che sono arrivati creano un po’ di entusiasmo soprattutto nei locali dei tribunali, che ormai sono semivuoti, ma credo che non sia nemmeno chiaro dove debbano essere utilizzate tutte queste risorse. Perché la legge non lo dice. C’è quindi uno sforzo encomiabile da parte degli uffici giudiziari per creare le condizioni per fare lavorare tutto questo personale, ma in realtà non è ancora chiaro cosa dovranno fare”.
“L’unica vera riforma della giustizia è la più semplice”
Si sarebbe potuto fare di più, insomma, per i tanti giovani in gamba che hanno vinto il concorso. “Il problema del loro lavoro non l’abbiamo risolto, ma solo rinviato – afferma Armetta -. Io spero assolutamente di sbagliarmi, ma non vorrei si traducesse in uno spreco di denaro pubblico e, soprattutto, in un’occasione persa per dare un futuro a questi ragazzi. Che lo meriterebbero”.
Nell’ambito della giustizia il tasto più dolente di tutti è certamente quello dei tempi oltremodo lunghi. “Tutte le riforme mirano a velocizzare la giustizia. Sul fatto che vada velocizzata siamo ormai tutti d’accordo. Il problema è come”, spiega Armetta.
“Cambiare le regole non serve a niente, abbreviare il termine dell’avvocato per difendersi non velocizza la giustizia se il giudice ha poi bisogno degli stessi tempi di prima. L’unica vera riforma della giustizia è la più semplice: raddoppiare il numero dei magistrati, del personale di cancelleria e rendere le strutture serie, comode, normali. A volte abbiamo strutture fatiscenti. Possiamo ragionare di qualunque tipo di riforma, ogni riforma sulle regole però non serve a niente, anche perché le regole servono per fare in modo di essere sicuri, quando ci si rivolge alla giustizia, che la nostra pretesa sia valutata attentamente; se all’avvocato è dato meno tempo, si rende più difficile la dimostrazione di pretese e diritti”.
Accorciare i tempi accrescendo il numero degli addetti ai lavori, dunque. “Le cause sono rinviate a sei mesi perché i giudici non ci sono, sono pochi e hanno troppo carico. Quando una causa viene rinviata a un anno la colpa è delle regole – che non prevedono di certo che sia rinviata così a lungo – o dell’eccessivo carico di lavoro del giudice?”.
“Dire e Contraddire”, il torneo per affinare l’arte della parola
Dando uno sguardo al futuro, non si può non menzionare il “Torneo Dire e Contraddire“, iniziativa a carattere nazionale che vede gli studenti italiani affilare “le armi della parola” sotto lo sguardo attento degli avvocati. Giunto alla seconda edizione, il progetto è frutto del protocollo d’intesa tra il Consiglio nazionale forense e il ministero dell’Istruzione. Si rivolge alle scuole secondarie di secondo grado.
“L’11 aprile avremo la sfida tra Palermo e Messina, che è il nostro primo girone. Poi si va avanti fino alla finale a Roma. È un’iniziativa bellissima perché noi non vogliamo preparare i ragazzi a un futuro giuridico, ma vogliamo spiegare il valore del contraddittorio. Il valore di esporre le proprie tesi e confutarle usando la logica e l’argomentazione”.
Un’iniziativa con lo scopo di lasciare un insegnamento importante. “In un momento in cui si discute di guerra e la diplomazia, quindi, fallisce, innescare in questi ragazzi il senso della discussione e del contraddittorio secondo me è un valore. Può solo farli crescere e misurare con le sfide che da grandi dovranno affrontare. Non affrontano, infatti, temi in senso stretto giuridici. Non vince chi ha ragione o torto ma il più bravo a trovare argomentazioni utili a montare o smontare un discorso. È un’iniziativa bellissima a cui abbiamo subito aderito, il nostro consigliere Daniela Cascio sta facendo un lavoro davvero bello. Speriamo di poterla ripetere ogni anno”.
Solidarietà all’Ucraina
Restando proprio in tema di guerra, la giornata di ieri ha visto, in video conferenza con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, il vice presidente della Federazione Avvocati Ucraini, Valentyn Gvozdiy, e il membro del Comitato Internazionale Avvocati, Rostyslav Nykitenko. Un appuntamento che avrebbe dovuto tenersi giovedì scorso, reso tuttavia impossibile a causa del bombardamento delle reti telefoniche in Ucraina.
Un situazione drammatica, nell’ambito della quale gli avvocati italiani stanno facendo la loro parte in termini di solidarietà. “Sono felice del fatto che tutta la popolazione e gli avvocati palermitani, e non solo, si stiano mettendo a disposizione gratuitamente per garantire il mantenimento dello status di rifugiato, per dare accoglienza. La macchina umanitaria si è mossa in modo meraviglioso e sono contento che i nostri colleghi stiano svolgendo un ruolo primario mettendosi a disposizione – conclude Armetta -. Questo è il senso della dignità sociale che gli avvocati devono sempre avere”.