I salviniani nella giunta regionale, una necessità per Musumeci

Quando l’aritmetica impone scelte alla politica…

A fare impressione è quella parola, quel nome: “Lega“, che istintivamente richiama a qualcosa di politicamente, quasi antropologicamente estraneo al Sud e alla Sicilia. Per questo, in tantissimi hanno storto la bocca, come se avessero mangiato qualcosa di poco gradevole alla notizia dell’ingresso della Lega nella giunta regionale di Governo in Sicilia. Un posto soltanto, ma resta un fatto dal forte impatto simbolico. Un partito dall’impronta originaria fortemente nordista che entra nel centro di comando di una Regione che dovrebbe fare della sua peculiarità autonomistica il tratto distintivo, se non il motore del suo sviluppo: un motore inceppato da sempre, che ha bisogno di una forte revisione e che, nelle parole del governatore Musumeci proprio questo dovrebbe succedere, da subito, con “l’impulso di tutto il centrodestra adesso finalmente al completo”. 

MIGRAZIONI

Usciamo dai simboli e diamo il giusto peso alle parole. Più che leghisti, quelli siciliani sono Salviniani, e c’è differenza. Sono tre (prima erano quattro, ma già uno, Giovanni Bulla, ha cambiato nuovamente gruppo, tornando dopo quattro mesi all’Udc) deputati, due dei quali (Orazio Ragusa e Marianna Caronia) approdati al gruppo soltanto qualche mese fa. Senza voler entrare nel merito di scelte politiche personali, non è la prima e non sarà l’ultima volta che la capacità attrattiva di un leader in forte ascesa nei gradimenti, almeno nei sondaggi, provoca fenomeni di migrazione da un gruppo all’altro e l’Ars, a questo proposito ha abituato a vere e proprie transumanze, a cambi di casacca che spesso hanno alterato gli equilibri tra maggioranza e opposizione: i cosiddetti “ribaltoni” e “controribaltoni”.

Non è questo il caso, anzi. L’operazione è stata frutto di un vertice di maggioranza che ha coinvolto i segretari regionali dei partiti di centrodestra durata ben cinque ore. E si sa che le lunghe pensate…

QUESTIONE DI ARITMETICA

Musumeci l’ha spiegata coi soliti nobili intendimenti, in questo caso il completamento della stagione di riforme (la parola completamento presupporrebbe un avvio, però) e la sburocratizzazione “come presupposto essenziale per rendere la macchina amministrativa regionale efficiente e veloce”. Ma, a costo di sembrare eccessivamente prosaici e cinici, riteniamo che alla base di tutto ci sia innanzitutto la mera aritmetica: la maggioranza di centrodestra all’Ars ha i numeri stentati e non può fare a meno del sostegno costante e non bizzoso di tre deputati che, senza riferimenti in giunta, si ritenevano con le mani libere e sempre in grado di creare problemi al governatore. Niente di scandaloso, la democrazia parlamentare funziona così ovunque. Così, con un posto di assessore, “adesso” e soltanto “adesso”, come testimonia l’avverbio usato nel comunicato, la maggioranza mette i numeri parlamentari a posto. Musumeci e la coalizione che lo sostiene pensano di avere tutti i pezzi per cominciare a riparare quel motore e farlo ripartire con gli obiettivi che si pone la nuova stagione del suo governo. Numeri che diventano ancor più necessari per un futuro immediato che si annuncia difficilissimo, sul piano economico e sociale, per gli effetti drammatici della pandemia.

Soltanto così si può spiegare l’allargamento della compagine di Governo, non in altro modo: aritmetica, non politica, non la costruzione di una prospettiva che vada al di là dei prossimi mesi. È una scelta per l’oggi, dettata dalle necessità contingenti, “a basso costo” per quasi tutti perché la compagine assessoriale non prevede altre modifiche oltre al cambio di titolare dei Beni culturali che, per altro, è lo stesso Musumeci. Quest’ultimo ha tenuto per sé la delega dopo la scomparsa di Sebastiano Tusa, nel disastro aereo dell’Ethiopian Airlines a Bashaftu del marzo 2019. Per il futuro, si vedrà.

RAGION DI STATO

Non è una operazione senza conseguenze, immaginiamo. Intanto è un boccone che anche nel partito dello stesso governatore “Diventerà bellissima” , fanno fatica a mandar giù. È cosa nota che qualche alto esponente del gruppo parlamentare non abbia mai gradito, per i salviniani, un ruolo superiore a quello di mero sostegno parlamentare alla giunta. Si saranno dovuti sottomettere alla ragion di stato e al volere del presidente, dal quale è venuta la richiesta ai salviniani di entrare in giunta.

L’ingresso nel Governo dà nuova legittimazione politica ai salviniani di Sicilia, fino a oggi protagonisti più che altro per le polemiche interne tra presunti leader locali, che costrinsero Salvini nel 2018, a nominare Stefano Candiani da Tradate (Varese), senatore dal pedigree leghista “vero”, commissario per la Sicilia. Un paradosso, per un partito che fa dell’autonomia dei territori e del federalismo la sua bandiera. Di contributi leghisti particolari alla politica siciliana non se ne ricordano, ma ora, dopo il vertice con Musumeci, Candiani dice che “a noi interessa imprimere una spinta alla Sicilia”. Vedremo che spinta saranno in grado di dare a Musumeci e all’isola.