I sopravvissuti: «Gli scafisti buttavano in mare i ragazzi, che scomparivano fra le onde»

Nei racconti dei sopravvissuti, di coloro che si sono salvati, particolari agghiaccianti della tragedia avvenuta a 200 metri dalla riva

A bordo del barcone partito quattro giorni fa da Izmir, in Turchia, viaggiavano da 150 a 180 persone. C’erano pachistani, afghani, iracheni, iraniani. Tutti inviati verso un nuova vita dai loro parenti, con i risparmi messi insieme dopo anni di lavoro e sacrifici. Quattro giorni nel mare, tre notti intere contro le onde, prima di arrivare a scorgere le luci della costa italiana. I disperati a bordo del peschereccio erano sopravvissuti a una traversata terrificante sulla rotta Smirne-Crotone, la rotta ionica. Quando sono arrivati a 200 metri dalla riva ed hanno visto le luci, credevano di essere salvi. “Vengono a prenderci!”, gridavano tutti, erano sicuri di avercela fatta. Ma le onde erano enormi e la barca dava segnali di cedimento. A questo punto il racconto dei sopravvissuti diventa agghiacciante: «Gli scafisti hanno iniziato a buttare giù i ragazzi, li tiravano per le braccia e li gettavano nel mare. A bordo si è scatenato il panico. La barca si è capovolta. E non era vero che ci avevano visto, non sono venuti a salvarci».

Le bare al palazzetto dello sport di Crotone, tanti sopravvissuti in ospedale

A Steccato di Cutro, vicino Crotone, i morti sono già 59, tanti sono i minorenni. Ottantadue i salvati: di questi, 22 si trovano attualmente in ospedale, uno in gravi condizioni. Gli altri sono invece nel locale Centro accoglienza per richiedenti asilo. Molti altri purtroppo non si trovano e nessuno sa dire con esattezza quanti.

Sul peschereccio di venti metri partito dalle coste turche, c’erano due cassoni carichi di nafta. Poi acqua, biscotti, redbull, ginseng, libri di preghiere, scarpe da ginnastica numero 34, una bicicletta da bambino e pochi salvagenti, perché il viaggio con giubbotto di salvataggio costa più caro. Tutto ritrovato sulla spiaggia. Le bare invece sono in fila sul campo dal basket del palazzetto dello sport di Crotone. Alcune grandi, altre più piccole e bianche. Sono tutte scoperchiate, perché è il momento delle fotografie della Scientifica. Si prendono le impronte, si preleva un campione di DNA per permettere un riconoscimento, perché per tutti mancano i nomi e cognomi.

Foto Tgcom24