Il buco dell’ozono, da sempre temibile fattore ambientale per l’umanità intera, dovrebbe completamente sparire entro il 2040. È questo l’annuncio contenuto nel nuovo rapporto ONU. Per la “ricompattazione” completa dei due Poli, invece, sarà necessario attendere un periodo più lungo: almeno il 2045 per l’Artico e il 2066 per l’Antartico.
Dopo il grave allarme lanciato negli anni ’80, dovuto alla perdita di ozono, lo strato è migliorato costantemente grazie all’osservanza del Protocollo di Montreal, accordo internazionale del 1989 che ha contribuito ad eliminare il 99% di quelle sostanze chimiche che riducono drasticamente lo strato di ozono, come ad esempio i clorofluorocarburi (CFC). Secondo lo scienziato David Fahey, la risposta globale al Protocollo fa di quest’ultimo il “trattato ambientale di maggior successo nella storia e offre incoraggiamento affinché i Paesi del mondo possano riunirsi e decidere un risultato e agire di conseguenza”.
I progressi, tuttavia, non sono sempre stati lineari. Nel 2018, gli scienziati hanno rilevato un aumento relativo all’uso di CFC, rintracciato in Cina. La sostituzione dei CFC con un altro gruppo di prodotti chimici industriali (HFC) è stata inoltre problematica in quanto quest’ultimi sono gas serra, rendendo dunque necessario un ulteriore accordo internazionale.
Il buco dell‘ozono consiste nella riduzione dello spessore dello strato di ozono nell’atmosfera terrestre, ovvero la fascia che ci protegge dai raggi ultravioletti. Tra le cause principali dell’assottigliamento dello strato, l’effetto serra. Il buco dell’ozono rischiava perciò di esporre sempre di più la popolazione globale ai raggi ultravioletti del Sole. Il suo recupero non potrà far altro che migliorare la salute della vita sulla Terra.