Il cadavere nel borsone affiorato nel Po non è quello di Andreea Alice Rabciuc

Nelle ultime ore si era fatta largo l’ipotesi che possa trattarsi del cadavere della campionessa di tiro a segno scomparsa l’11 marzo dopo una festa. Ma diversi elementi non combaciano

Il cadavere affiorato il 5 aprile nelle acque del fiume Po, vicino alla curva Malcanton, nei pressi di Occhiobello in provincia di Rovigo, non è di Andreea Alice Rabciuc. Nei giorni scorsi era stato ipotizzato che la vittima potesse essere quello della campionessa di tiro a segno. La giovane donna è scomparsa dal 12 marzo dalle campagne di Montecarotto, in provincia di Ancona, dopo aver partecipato a una festa in un casolare, insieme al fidanzato e a una coppia di amici. Uno dei quali proprietario della struttura. La 27enne, stando alle ricostruzioni, si sarebbe allontanata verso le sette, a piedi, dopo aver litigato con il compagno. Prima di imboccare la strada che porta verso Moie. Inoltre, avrebbe lasciato il cellulare al fidanzato.

IL CADAVERE RITROVATO NON È QUELLO DELLA  RABCIUC

Ma il corpo ritrovato l’altro giorno nel Po non è quello della Rabciuc. I carabinieri erano stati sin da subito scettici per via di alcuni tatuaggi sul corpo della 27enne scomparsa, in particolare un girasole sul braccio, che non sono presenti sui resti ritrovati in Polesine. La procura di Rovigo è ancora in attesa dell’esame del Dna dal cadavere. Anche perché l’incrosio  ‘incrocio con gli scomparsi  presenti nelle banche dati delle forze dell’ordine, non ha dato indicazioni per provare a risalire all’identità della vittima. Quel che è certo è che il corpo mutilato e senza testa appartiene a quello di una donna giovane sulla trentina. Gli investigatori al momento prendono in considerazione ogni ipotesi sul cadavere riaffiorato nel fiume e nessun movente è privilegiato rispetto ad altri. Al momento manca un qualsiasi indizio capace di indirizzare gli accertamenti su una pista definita. Lo stato di conservazione dei resti chiusi nel borsone ha consentito al medico legale di stabilire che la data dell’omicidio risalirebbe a un intervallo di tempo che va da una a tre settimane dalla data del ritrovamento.