A Catania oggi c’è una sorta di lockdown meteorologico. Le strade sono semideserte, e vetrine e negozi sono blindati con sacchi di sabbia. Perché nelle prossime ore dovrebbe arrivare “Medicane”, il ciclone mediterraneo già segnalato dalle parti di Malta e Pantelleria. Ma questo sconvolgente avvenimeto è un evento eccezionale? Di sicuro non lo pensa Michele Orifici, un geologo messinese, vice presidente nazionale della Società italiana di geologia. Il Giornale di Sicilia, in un articolo di Giacinto Pipitone, riporta oggi una sua intervista, nella quale infatti dice: «Non parliamo più di situazioni eccezionali. Questi eventi si ripetono ormai con frequenza sempre maggiore. Al punto che se piove e c’è un’allerta della Protezione civile è prudente rimanere a casa perché, purtroppo, qualcosa succederà da qualche parte. Di sicuro».
Il geologo Orifici nel guardare la cartina della Sicilia non riesce ad individuare zone sicure. «Palermo, Catania e Messina ─ sottolinea ─ sono città a rischio. Per conformazione del suolo ma soprattutto perché la cementificazione selvaggia ha finito per impedire all’acqua piovana di infiltrarsi nel sottosuolo, come dovrebbe fare normalmente. E tuttavia non c’è un solo paese o una sola città costiera a essere al riparo da pericoli quando piove». A Palermo, per esempio, Orifici segnala che andrebbero rifatti tutti i canali che raccolgono le acque piovane e le dirottano verso il mare: «Pensate a cosa è successo poco più di un anno fa nei sottopassi di viale Regione ─ dice ─. E pensate a zone come il Papireto dove il letto del fiume è stato cementificato. Tutti i canali principali a Palermo sono inadeguati a fronteggiare le piogge. Aggiungete il fatto che la cementificazione fa sì che l’acqua ormai scorra per lo più in superficie e sarà chiaro il motivo degli allagamenti»
Ma anche a Catania e Messina ci sono gravi problemi: «Catania è fra i capoluoghi più impermeabilizzati d’Italia a causa della cementificazione. Ecco perché servirebbe quel canale di gronda che permetterebbe di convogliare verso il mare le acque che “scivolano” dai paesi alle pendici dell’Etna». C’è un progetto da 50 milioni finanziato nel 2015 ma rimasto al palo. E prosegue dicendo: «A Messina e in generale nei paesi di quel tratto costiero molti interventi sono stati fatti dopo l’alluvione che causò 37 morti». Ma si tratta sempre di lavori lunghi, lunghissimi. E ricorda che solo nel Messinese sono in svolgimento o in corso di svolgimento 77 dei 152 appalti progettati a cura del commissario per il dissesto idrogeologico. L’intervento più costoso fra quelli definiti urgenti dalla Regione riguarda Letojanni, dove con 16,3 milioni bisognerà mettere in sicurezza il tratto in cui scorre l’autostrada, già oggetto di varie frane.
Comunque, come ha precisato il geologo Orifici, la mappa del rischio in Sicilia è in continua evoluzione. E le zone segnate in rosso aumentano a ogni aggiornamento. Fino a pochi anni fa il Piano di assetto idrografico della Regione era fermo alla versione del 2004, firmata da Totò Cuffaro. Dal 2018 viene aggiornata e recentemente sono state inserite fra le zone a rischio l’area attraversata dal fiume Nocella nel Palermitano e le aree del Platani, del Verdura e del Magazzolo nell’Agrigentino. E pure le zone nei pressi del Simeto e dell’Alcantara, solo per citare alcuni esempi.