“Il lavoro rende liberi”, polemica al comune di Belsito: per il primo maggio la frase che rimanda ad Auschwitz
Il post è stato successivamente rimosso. “Si teme un’ infiltrazione esterna. Verranno di conseguenza adottate tutte le misure e le precauzioni del caso”, recita un messaggio successivo
Controverso augurio per il primo maggio sulla pagina Facebook del Comune di Belsito, in provincia di Cosenza, che finisce inevitabilmente nell’occhio del ciclone. Un post sulla pagina dell’amministrazione comunale citava infatti la frase “Il lavoro rende liberi”, con tanto di menzione dell’autore Primo Levi. Il post è successivamente scomparso: quello slogan è infatti tutt’altro che un augurio adatto alla festa dei lavoratori. Si tratta dell’“Arbeit macht frei” che accoglieva i deportati nel campo di sterminio di Auschwitz, dove Primo Levi fu imprigionato.
“Il lavoro rende liberi”, la polemica sul post del Comune di Belsito
L’amministrazione comunale è corsa ai ripari pubblicando un altro messaggio e dichiarando di non essere responsabile del post. “Evidentemente il post apparso in mattinata su questa pagina non è in linea con il pensiero della stessa, con i i valori e con i principi a cui si ispira, tanto meno con “L’usus scribendi” dell’amministrazione comunale – si legge -. Si teme un’infiltrazione esterna. Verranno di conseguenza adottate tutte le misure e le precauzioni del caso”. Tra gli utenti c’è molta perplessità: “Addirittura infiltrazione esterna? Non sarebbe più dignitoso ammettere un errore? Anche i commenti vengono cancellati da infiltrati esterni?”, chiede qualcuno. “Citano la famosa frase di Auschwitz e non hanno nemmeno il coraggio di ammettere di aver sbagliato, cosa dovrei pensare?”, scrive qualcun altro.
I precedenti
Del resto, non sarebbe nemmeno la prima volta che un episodio del genere accade. Ad ogni primo maggio la gaffe pare essere dietro l’angolo: alla mente salta quanto accaduto nel 2019, ad esempio, quando il Comune di Martina Franca, in provincia di Taranto, affisse per le strade cittadine un manifesto con la frase incriminata con l’intenzione di celebrare la Festa del Lavoro. Un’intenzione chiaramente finita male, dal momento che quei manifesti hanno veicolato la beffarda massima apposta sui cancelli del campo di sterminio. La stessa frase è stata impiegata l’anno dopo dal Comune di Napoli, sempre per la medesima ricorrenza. Le scuse alla Comunità Ebraica partenopea sono arrivate con tanto di giustificazione legata alla mole di lavoro dovuta all’emergenza Covid, allora nel pieno dei suoi giorni. Poi il cambio slogan in “Solo il lavoro rende la dignità”.
Gaffe avvenute per eccesso di superficialità, ma che hanno portato ancora una volta a interrogarsi sulle lacune della memoria e delle cultura che soprattutto in certi ambiti della società non dovrebbero verificarsi.
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