Tribunale di Palermo ha respinto la richiesta della Procura di Palermo per il sequestro, finalizzato alla confisca, dei beni di Marcello Dell’Utri. Il collegio presieduto da Raffaele Malizia ha ritenuto che non ci sono collegamenti diretti e riscontri dell’illiceità, oltre alla volontà di Berlusconi di «retribuire» l’amico palermitano. Eppure Dell’Utri proprio per queste ragioni ha già subìto una condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Una pena che ha già scontato. Inoltre, nel processo Trattativa, era stato condannato in primo grado a 12 anni. Questa condanna è stata cancellata a settembre 2021 e ora è di nuovo sub judice, col futuro processo in Cassazione.
Contro la decisione del collegio giudicante di respingere il sequestro dei beni di Dell’Utri, i pubblici ministeri hanno fatto ricorso in appello. Quindi per stabilire se nel patrimonio dell’ex senatore e co-fondatore di Forza Italia ci siano beni di provenienza illecita, si deve attendere l’esito del processo d’appello. I pm non si sono arresi, ed hanno fatto il ricorso. Con motivazioni che in parte coincidono, concettualmente, con quelle della Procura generale nell’impugnazione della sentenza Stato-mafia.