Una mostra d’arte contemporanea allestita lungo il grande corridoio che congiunge gli arrivi dell’Aeroporto con la stazione metropolitana di Palermo. Impop Archetypes (questo il nome della mostra) consta di 6 grandi lavori (metri 2×3) degli artisti Francesco Domilici e Arrigo Musti, ed è curata da Domenico De Chirico ed Aldo Gerbino.
La mostra verrà inaugurata il 30 settembre, alle ore 18.00.
La superficie espositiva è di 36 metri quadrati e rappresenta una sintesi tra fotografia e pittura. Domilici porta in scena alcuni degli archetipi (dai quali discende il titolo della mostra: Archetypes) per i quali non solo l’isola siciliana, ma tutta l’area mediterranea, è storicamente conosciuta e riconoscibile nell’immaginario collettivo, non solamente italiano. Per farlo attinge ad un serbatoio, ancora attuale, ma probabilmente in via d’estinzione, d’immagini di panorami agresti e marittimi, con i mestieri ad esse collegati.
Musti utilizza, invece, tali immagini come supporto per aggiungere una pittura lisergica e brillante, realizzata con smalti, che rimanda a simboli, anch’essi archetipi, che richiamano, per analogia, il lusso ed il benessere. La mostra induce gli spettatori, nelle intenzioni degli artisti italiani, a riflettere sul motivo di tali accostamenti. Muovendosi in un’area ad alta percorribilità, il passeggero si ritrova immerso in uno spazio, normalmente vocato ad immagini pubblicitarie, allestito per una esposizione d’arte contemporanea non lontana, nella forma, dai canoni pubblicitari. Musti, infatti, continua la sua ricerca Impop che vede nella fattispecie, dietro e oltre l’apparenza di un mondo antico ed ancestrale (popolato da contadini e pescatori ancora “in servizio” fotografati da Domilici) vi è una grande cultura millenaria del sacrificio e del lavoro che non si scontra (come potrebbe sembra “prima facie”) con i simboli moderni del benessere (simboli pop nel senso di popolarità) ma al contrario rappresenta, oltre la facciata invero anacronistica, un vero tesoro di ricchezza materiale ed immateriale.
Impop, infine, è appunto il manifesto di Musti, condiviso da Domilici, dove si tenta di sedurre con le immagini per provocare qualsivoglia riflessione come succede quando si racconta una storia antica in una forma contemporanea.
“Il dominio della cultura estetica, nell’espanso diorama delle arti visuali, mostra il suo vorticoso cursus nella forma di un mantello screziato da visioni bitridimensionali, dal transito dell’analogico al digitale, dalla pagina cartacea al web e ancora in tutte le innumeri pieghe di un indiscutibile climax tecnologico. Dominio che, nel contemporaneo, sembra aver disperso tutto ciò che da tempo immemore s’era alimentato nel bronzeo catino delle certezze. Lo iato tra i canoni culturali acquisiti e l’irriverente ansietà dell’oggi, danno consistenza a quelle illusioni e disorientamenti che ci raggiungono dal campionario di un ‘mondo deposto’ ma non inumato. Francesco Domilici e Arrigo Musti navigano in tale esperienza comunicativa, archetipica e culturalmente ‘impopolare’, reimmettendo linfa nello sconfinato cartiglio dei saperi permettendo, così, l’affioramento di quesiti dai quali possano scaturire cammini e ricomposte mitologie pronti a tracimare ben oltre le finestre d’una multidimensionalità etica e fattuale”, così Aldo Gerbino.
“Qual è il senso dell’archetipo e in che maniera acquista valore nel tempo? Tale termine, la cui fonetica riecheggia stentorea come l’origine stessa del linguaggio, oltre a designare la genesi di per sé in relazione ad un concetto, deriva dal latino antico archetypum, a sua volta ricavato dal greco antico ~ àpxi:rnnoç, composto da arché, cioè «inizio, principio originario» e typos, «modello, marchio, esemplare» ed ha il significato di modello originario, matrice precipua. Sintesi ed emblema di un modo di essere e di stare al mondo, esso decanta talvolta odori e sapori, talaltra vividi scintillii e bieche alienazioni. Ed è sulla base di tali precetti che prende forma la mostra “IMPOP ARCHETYPES”, frutto di un’avvincente commistione artistica tra Francesco Domilici e Arrigo Musti, rispettivamente il primo mediante fotografia e il secondo tramite pittura, da intendersi come crocevia tra passato e presente, in cui i sei lavori esposti fungono, in concomitanza, dapprima e non solo, sia da unione sia da contrapposizione all’interno di un’esistenza imbevuta di realtà riconosciuta attraverso l’intero quinterno dei sensi, vere e proprie strutture fisiche presenti nei corpi degli esseri viventi che servono a ricevere informazioni dal mondo circostante, ma anche da una scala di valori per un qualsivoglia brand commerciale la cui identità si basa sull’efficacia della sua comunicazione e sulla conseguente abilità di capitalizzazione, insinuandosi come il più altisonante riferimento di un’eccellenza che, tuttavia, rimane profondamente opinabile”, dichiara Domenico De Chirico.