Possiamo definirlo un problema antico e ormai non più circoscritto in determinate aree del sud Italia. Parliamo di quella norma a tutela dei lavoratori, chiamata “clausola sociale”, tanto in voga di questi tempi (vedi caso lavoratori Alitalia Almaviva di Palermo), che però spesso finisce per diventare una trappola per gli imprenditori sani. Inserita nei bandi di gara nell’ottica degli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto, la stessa obbliga le aziende subentranti ad assorbire la manodopera delle imprese uscenti. Ed è qui che nasce il problema. Non è infatti raro, assistere alle interdittive antimafia della Prefettura, nei confronti dei titolari che si sono aggiudicati l’appalto. Ciò in quanto, loro malgrado, hanno ereditato, proprio per la norma della clausola sociale, manodopera in odore di mafia. Chiamiamolo pure un paradosso all’italiana.
Da qui la richiesta, come riportato da un’intervista di BlogSicilia, del Movimento 5 Stelle, pronto a presentare un disegno di legge all’Ars. Con il parlamentare Stefano Zito primo firmatario, ha lo scopo di modificare la clausola sociale. Ecco le sue parole: “Non si può seriamente esigere che il nuovo aggiudicatario effettui un controllo personale circa l’esistenza e l’influenza delle parentele del lavoratore da assumere, delle sue frequentazioni, o sulle indagini non ancora giunte a un rinvio a giudizio” . Disegno di legge che è stato depositato il 31 ottobre del 2018, e che tra circa due settimane “festeggerà” tre anni . Una norma che però non è ancora stata presa in considerazione. Rimane sepolto nei cassetti dell’Ars, eppure il problema delle infiltrazioni mafiose nelle aziende è piuttosto concreto.