Nei mesi dell’emergenza coronavirus, tutti i politici che si sono visti in televisione, sia in conferenze stampa che in comparsate nei talk politici, non hanno fatto altro che parlare di bazooka, di interventi massicci, di manovre poderose e portentose e di sforzi imponenti. Di volta in volta il comiziante di turno ha fatto intravedere una pioggia di soldi, e garantito che nessuno sarebbe rimasto indietro. Assicurando che per il pagamento della cassa integrazione si sarebbe sicuramente superato il rallentamento iniziale che c’era stato, e che i soldi sarebbero arrivati velocemente a tutti. Ma purtroppo, nella Sicilia che sta cercando faticosamente di tornare alla normalità, c’è ancora un esercito di lavoratori che aspetta da aprile la cassa integrazione.
Dai dati del bollettino “Inps Comunica” aggiornato al 4 giugno, si deve prendere atto che a fronte di 140 mila aventi diritto, solo 72.151 hanno ricevuto la cassa integrazione, poco più della metà. Purtroppo la Regione, come ha precisato La Repubblica stamattina, ha trasmesso all’Inps 36.181 pratiche su 43.800, e inoltre anche l’Istituto previdenziale ha avuto qualche ritardo. Con la conseguenza che tanti lavoratori gli ultimi soldi li hanno visti a fine febbraio, e da allora non hanno più percepito un euro.
Questa situazione è nota a tutti i livelli politici, ma puntualmente viene minimizzata e quasi esorcizzata. Con il risultato che troppi lavoratori fino ad adesso hanno potuto mettere in tasca solo promesse non mantenute. Anche il governatore Musumeci, che sull’argomento ci ha messo la faccia, un mese fa aveva dichiarato: «Chiedo scusa ai lavoratori che aspettano. Mi assumo per intero la responsabilità politica di quello che è successo». Ma purtroppo con le scuse non si pagano i mutui e neppure gli affitti, e alle casse dei supermercati non sono accettate come forma di pagamento. E i 72.151 che fino al 4 giugno erano ancora in attesa dell’aiuto dello Stato, in questi mesi hanno dovuto fare i salti mortali per potere tirare avanti. Ormai è dimostrato che il Governo per elargire questa vitale provvidenza ha scelto un sistema di pagamento che all’atto pratico si è dimostrato sbagliato, perché troppo lento e farraginoso. E non ha permesso a tanti lavoratori di potere disporre di soldi al momento giusto. E neppure dopo…
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