Il gip del tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, ha convalidato il fermo di due senegalesi accusati d’essere gli scafisti del barchino su cui, qualche settimana fa, è divampato un drammatico incendio che ha causato la morte di due bambini.
Il fatto è accaduto, per l’esattezza, lo scorso 21 ottobre al largo di Lampedusa. I due senegalesi, di 24 e 33 anni, sono ritenuti responsabili in concorso dei reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di morte come conseguenza di altro reato. Il rogo divampato sull’imbarcazione ha infatti provocato la morte di una bambina di 2 anni e di un bimbo neanche uno. Altri cinque immigrati sono stati inoltre portati, in elisoccorso, al Centro grandi ustioni di Palermo.
L’imbarcazione era stata segnalata in difficoltà – secondo quanto allora ricostruito dalla Guardia costiera – da un peschereccio tunisino “in area Sar maltese, in prossimità dei limiti dell’area Sar italiana”. In accordo con le autorità maltesi, dunque, una motovedetta della Capitaneria raggiunse le coordinate fornite e soccorse 38 migranti. Una parte di questi, fra cui i cadaveri dei due bambini, erano stati già recuperati dallo stesso peschereccio tunisino.
Le salme dei due bimbi potranno ora essere dissequestrate; attualmente si trovano ancora nella camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana. I medici del Poliambulatorio di Lampedusa avevano fatto trasferire a Palermo una venticinquenne incinta, un bambino di 2 anni e un ragazzo con ustioni alle gambe. Traferiti anche un altro uomo e una donna, ustionati, ma non in gravi condizioni.
La Procura, con a capo il facente funzioni Salvatore Vella, ha subito aperto un fascicolo d’inchiesta. Ad occuparsi delle indagini, anche attraverso l’audizione dei sopravvissuti, la Squadra Mobile di Agrigento. I feriti ricoverati a Palermo sono stati sentiti dalla Mobile del capoluogo siciliano. L’attività investigativa ha così permesso di arrivare ai due presunti scafisti, fermati, trasferiti ad Agrigento e portati in carcere.