Sei anni fa la barbara uccisione di Khaled al Asaad, “custode” di Palmira

L’anziano archeologo siriano volle tutelare sino alla fine i tesori del sito archeologico, patrimonio dell’Unesco

Il 18 agosto del 2015 l’ISIS uccise brutalmente in Siria l’archeologo Khaled al Asaad.
I miliziani dello Stato islamico si accanirono sull’uomo, torturandolo per quattro settimane.
L’anziano signore, ottantenne, non voleva rivelare agli aguzzini un segreto che custodiva gelosamente.
Ovvero, dove avesse nascosto i tesori di Palmira, chiamata “la sposa del deserto”.
Il sito archeologico della città , che sorge in una oasi a 240 km a nord-est di Damasco, è stato riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1980.
Khaled al Asaad lo custodiva dal 1962: lui ne era il direttore e il guardiano.
La città era per lui il luogo del cuore, il cuore pulsante della sua stessa esistenza.
Nel 2015 comprese che l’Isis stava avanzando e nascose le opere d’arte.
Il suo nobile intendimento era tutelarle dalla furia barbarica degli jihadisti, certo che le avrebbero rubate e distrutte.
Per questa ragione venne rapito e torturato.
Malgrado l’età avanzata, resse un mese di privazioni, pressioni e umiliazioni di ogni sorta.
Ma non parlò.

PREZIOSI REPERTI DISTRUTTI

La guerra civile siriana, scoppiata nel 2011, portò in seguito all’ascesa dell’ISIS.
L’ occupazione di Palmira avvenne nel maggio del 2015.
Tesori preziosi andarono in frantumi.
Tra essi, le colonne della Valle delle Tombe, il Tempio di Baalshamin, il Tempio di Bel e l’Arco di Trionfo.

L’ anfiteatro della bellissima Palmira, la “sposa del deserto”

LA MORTE NELLA “SUA” PALMIRA

Dinanzi all’ostinato silenzio dell’anziano signore gli jihadisti, resisi conto che non gli avrebbero tirato fuori una sola parola, ebbero un’idea feroce.
Lo trascinarono nel centro della sua Palmira, in quell’anfiteatro romano dove aveva fatto ingresso tantissime volte come direttore del sito, prima dello scoppio della guerra.
Chiamarono la folla e lo decapitarono in pubblica piazza, appendendo il suo corpo a una colonna.
Un ulteriore gesto spregevole che segnò profondamente l’opinione pubblica mondiale, generando sgomento e commozione.
Ma soprattutto, una fine orribile per un uomo di sconfinata cultura, animato da valori altissimi quali onore, senso del dovere e del sacrificio.
Coltivarne la memoria tramandandone l’esempio è un dovere, oggi più che mai.