La chef Daria Casamichele torna in Sicilia: “Noi donne spesso bistrattate”
La giovane chef palermitana Daria Casamichele racconta della sua passione per l’arte della cucina, delle sue esperienze professionali fuori dalla nostra isola, del suo rientro lavorativo a Palermo, dei suoi obiettivi e dei suoi sogni di siciliana amante delle sane tradizioni culinarie, degli antichi sapori della nostra terra, dei suoi progetti futuri.
«La bella Sicilia dei professionisti e degli artisti…», rubrica d’arte e cultura a cura di Andrea Giostra e Carmela Rizzuti.
Diverse esperienze fuori dalla Sicilia e la decisione di ritornare
Sono una cuoca ormai da una decina d’anni; ho deciso di tornare a casa nel tentativo di trovare uno spazio di crescita anche qui, portando con me tutto quello che ho imparato nei miei anni da girovaga, proprio nella speranza di poter restare e costruire qualcosa nella mia città.
La cucina come passione già dall’infanzia
La mia passione per la cucina è nata con me. Amo il cinema e per esempio sin da bambina ho sempre preferito tra tutte proprio le scene girate in cucina e i momenti di convivialità. Nonostante questo, un po’ per l’ambiente che mi circondava, un po’ per una sana immaturità da adolescente quale ero, ho scelto di seguire percorsi completamente diversi, come il liceo classico e un paio d’anni in un’università di Milano. Ad un certo punto mi sono accorta che stavo solo rimandando qualcosa di inevitabile e quindi sono tornata giù dove ho cominciato a lavorare nel ristorante del papà di un mio amico che si chiamava “Il vespro”.
Cosa significa per una donna chef lavorare in Sicilia
Sicuramente in Sicilia abbiamo una varietà di ingredienti di qualità tali da fare invidia a qualsiasi altro posto al mondo, tradizioni meravigliose e un mare di piccoli produttori da conoscere. Dall’altro lato della medaglia, tuttavia, i lavoratori e le lavoratrici nel mondo della ristorazione sono una categoria spesso bistrattata da qualsiasi punto di vista, in Italia ma soprattutto in Sicilia. Di una cosa però sono felice: sono convinta che qualcosa si stia finalmente muovendo grazie alle criticità, legate ad esempio alla penuria di personale, che il periodo pandemico sta facendo emergere.
Per quanto riguarda il mio essere donna non posso nascondere che nel tempo ho spesso percepito in cucina una certa ritrosia ad accettarmi come persona a “capo” di un gruppo di uomini, tanto più che questo è da molti considerato un mestiere prettamente maschile.
Un menù per sedurre a cena
Starei sul semplice: niente fronzoli e molti piatti freddi, in modo tale da avere più tempo da passare insieme. Penso ai crostacei o ad un crudo di pesce, che sia in ceviche o marinato semplice, magari con una maionese aromatizzata accanto; oppure un risotto che se fatto bene può cuocere anche da solo e un dolce al cioccolato tipo Sacher che ci sta sempre. P.S. non per tirare acqua al mio mulino, ma per non sbagliare vi consiglio una romantica cenetta al ristorante!
Il mobbing dei colleghi e le gratificazioni dei clienti
Una cosa che mi disturbava molto quando lavoravo in un ristorante era vedere alcuni colleghi prendere in giro, non con semplice goliardia ma con cattiveria, stagisti e in generale persone considerate un po’ più fragili di altre.
Episodi che mi hanno reso felice ce ne sono molti: ricordo in particolare un episodio di quando ancora lavoravo da relativamente poco ed ero solo un’umile stagista in un ristorante stellato. Una cliente disse che la pasta che avevo cucinato io era la più buona che avesse mai mangiato: ci ripensai per settimane convincendomi che forse in quel mondo c’era un posto anche per me.
Consigli alle giovani che vogliono diventare Chef
Direi di intraprendere questa strada solo e soltanto se si è certi di volerlo fare, magari sperimentandosi lavoricchiando in qualche ristorante. Questo è un mestiere di grandi sacrifici che a raccontarlo non si può comprendere. Consiglio poi di viaggiare tanto e farsi degli amici in ogni cucina.
Progetti per il futuro
Al momento mi trovo bene dove sto, ma ovviamente ho un sogno che spero di realizzare. Vorrei un posto mio, piccolo, con un bancone e 4 tavoli, senza menu e con musica italiana anni 60 in sottofondo. Un posto dove le persone si accomodino da sole, mi dicano di cosa avrebbero voglia e mangino senza fretta, chiacchierando con i loro vicini.
Daria Casamichele:
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Servizio fotografico a cura di Carmela Rizzuti:
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Andrea Giostra:
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