La morte del boss Totò Di Gangi è un giallo: era un fedelissimo di Riina

Il corpo di Di Gangi, boss di Sciacca e fedelissimo di Totò Riina, è stato trovato su un binario ferroviario. Riferimenti a Torre Macauda

sciopero

A Genova, nella serata di ieri, su un binario ferroviario è stato trovato morto Totò Di Gangi, storico capomafia di Sciacca. Fedelissimo di Totò Riina, il boss stava scontando una condanna a 17 anni per mafia. Era uscito dal carcere da pochissimo a seguito di una perizia che ne attestava dei deficit cognitivi. Ieri sera era sceso dal treno alla stazione di Genova Principe, e pare si era incamminato verso una galleria ferroviaria. Dove sarebbe stato investito da un treno merci. Il rinvenimento del cadavere è avvenuto intorno alle 20.30. Aveva in tasca un biglietto ferroviario con destinazione una città del sud. I primi accertamenti medico-legali hanno indicato che il Di Gangi sarebbe stato travolto da un treno, ma la dinamica è ancora poco chiara. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire gli ultimi movimenti dell’uomo, che aveva appena lasciato il carcere di Asti.

INDAGINE SU TORRE MACAUDA, UN RESORT DI SCIACCA

Il nome di Di Gangi, storico capomafia ottantenne, è riapparso recentemente nell’indagine sul resort Torre Macauda, un complesso di lusso a Sciacca. Una struttura protagonista di diverse inchieste di mafia e ritenuta una proprietà del padrino corleonese Totò Riina. Secondo i pm della Dda di Palermo, coordinati dall’aggiunto Paolo Guido, Di Gangi sarebbe stato uno dei veri proprietari di Torre Macauda e per questo la Procura recentemente aveva effettuato una perquisizione nella sua cella.

OPERAZIONI ILLECITE CON LA COMPLICITÀ DI UN DIRIGENTE BANCARIO

Secondo gli inquirenti la società che gestisce Torre Macauda, la “Libertà Immobiliare”, sarebbe di fatto riconducibile al boss Di Gangi e al figlio Alessandro. I due, attraverso una serie di operazioni illecite, sarebbero tornati in possesso della struttura alberghiera sommersa dai debiti. Un giro vorticoso di denaro, scatole cinesi, imprenditori compiacenti e sullo sfondo la complicità di un dirigente di banca che avrebbe rilasciato una quietanza per un pagamento di 8 milioni avendone ricevuti solo 4. Questa indagine, molto complessa, aveva portato all’esecuzione di perquisizioni in due filiali della UniCredit di Palermo e alla notifica di otto avvisi di garanzia tra gli altri a Di Gangi, al figlio Alessandro e al funzionario dell’istituto di credito.