Cinquanta giorni da incubo. E una sera, quella del 24 marzo, in cui ha pensato al peggio. “Non riuscivo più a respirare, ero terrorizzata, ho davvero pensato di morire”.
L’emozione tenuta a freno dietro alla mascherina, oggi Stefania La Fata, giovane donna di Trappeto, ha deciso di raccontare la sua terribile esperienza. E sullo sfondo tutti gli scenari del caso Lombardia che abbiamo imparato a conoscere. Concentratevi sugli occhi, tracce evidenti dei suoi sentimenti.
LE RSA DELLA LOMBARDIA – Il racconto è quello di una donna siciliana aggredita dal Covid-19, una donna che ce l’ha fatta, al contrario di molti di quelli che invece hanno lasciato la vita nelle RSA della Lombardia. Un racconto dettagliato perché di questo naufragio è impossibile dimenticare i dettagli. Le onde del destino l’hanno risucchiata più volte e sempre poi spedita indietro.
IL RICOVERO AL NIGUARDA – Si è salvata nonostante l’incertezza iniziale dei protocolli burocratici. Più volte, dopo un intervento d’urgenza di natura ospedaliera, la rispedivano a casa. Ce l’ha fatta pur avendo toccato il picco della gravità del male proprio nei giorni di massimo sovraffollamento dei reparti Covid. Ricoverata all’Ospedale Niguarda di Milano, questa giovane siciliana ce l’ha fatta anche grazie alla sua tempra.
NON SOLO I POLMONI – La sua testimonianza apre uno squarcio anche rispetto agli effetti postumi del virus e alla certezza che esso, oltre i polmoni, possa aggredire altri organi vitali quale il cervello. Oggi, dopo il trasferimento a Partinico, vive il suo isolamento con la consapevolezza che il pericolo maggiore è alle spalle, ma che il cammino di guarigione prevede ancora diverse ed estenuanti tappe.