Bassi salari, scarsa produttività, precarietà. È questa la fotografia sul mercato del lavoro in Italia secondo i numeri contenuti nel “Rapporto Inapp 2022: Lavoro e formazione, l’Italia di fronte alle sfide del futuro”.
Tra i dati emersi dal rapporto Inapp, i contratti a termine sono di durata molto breve. Infatti, spesso un singolo lavoratore in un anno ha più attivazioni. Il part time involontario riguarda l’11,3% dei lavoratori al contrario dei paesi Ocse in cui si attesta su una media del 3,2%. Secondo le tabelle Eurostat 2021, il lavoro povero, ovvero coloro che hanno una remunerazione con un salario talmente modesto che non permette di superare la soglia di povertà, è in crescita con un dato provvisorio all’11,7% a fronte dell’8,9% medio dell’Ue a 27.
Il mercato del lavoro italiano è precario. Nel 2021, solo il 14,8% dei nuovi contratti era a tempo indeterminato mentre il tempo determinato riguardava il 69,8% delle nuove attivazioni. I nuovi contratti stabili riguardavano il 16,7% dei contratti totali nel 2020 e il 15,2% nel 2019. Nel 2018, prima dell’introduzione del Decreto dignità e della stretta sulle assunzioni a termine, i contratti a tempo indeterminato erano il 14,6% del totale.
“Il nostro Paese – sottolinea l’Inapp – è l’unico dell’area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale reale è diminuito (-2,9%) a fronte di aumenti di oltre il 30% in Francia e Germania. Nell’insieme il lavoro atipico (ovvero tutte quelle forme di contratto diverse dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tempo pieno) rappresenta l’83% delle nuove attivazioni con un aumento del 34% negli ultimi 12 anni”.
“L’8,7% dei lavoratori (subordinati e autonomi) – prosegue il Rapporto – percepisce una retribuzione annua lorda di meno di 10mila euro mentre solo il 26% dichiara redditi annui superiori a 30mila euro, valori molto bassi se comparati con quelli degli altri lavoratori europei. Se consideriamo il 40% dei lavoratori con reddito più basso, il 12% non è in grado di provvedere autonomamente ad una spesa improvvisa, (quindi non ha risparmi o capacità di ottenere credito), il 20% riesce a fronteggiare spese fino a 300 euro e il 28% spese fino a 800 euro. Quasi uno su tre ha dovuto posticipare cure mediche”.
Foto Arno Senoner – Unsplash.