Daniela Lo Verde, l’ex preside antimafia della scuola Falcone del quartiere Zen di Palermo, ha patteggiato una condanna a 2 anni e 6 mesi. Due anni la pena patteggiata invece dal coimputato, il vicepreside Daniele Agosta. Per entrambi è stata accolta l’istanza di sostituzione della pena con lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. Entrambi hanno inoltre risarcito il danno.
L’indagine è stata condotta dai pm della sezione palermitana della Procura europea Gery Ferrara e Amelia Luise. Ai due imputati si contestavano i reati di corruzione e peculato nella gestione dei fondi assegnati alla scuola palermitana.
Dalle indagini dei carabinieri era venuto fuori che la preside si sarebbe appropriata del cibo destinato alla mensa degli alunni e degli iPhone (poi restituiti) per i corsi. In cambio di regali, si sarebbe deciso di affidare a un negozio di informatica la fornitura dei dispositivi elettronici per gli studenti.
Nei mesi scorsi i due imputati avevano provato a patteggiare a un anno e 10 mesi. Il gip aveva però respinto l’istanza per incongruità della pena. Accordato invece il patteggiamento della terza persona coinvolta nell’indagine, ossia l’impiegata dell’esercizio commerciale complice.
L’indagine aveva scoperto una gestione illecita dei progetti europei. A usare illegalmente il denaro di Bruxelles non sarebbero stati solo i due dirigenti ma anche alcuni professori, che avrebbero guadagnato indebitamente per progetti di inclusione sociale mai realizzati o parzialmente portati a termine. L’inchiesta nel 2022 era partita proprio grazie alla denuncia di un’ex insegnante che aveva riferito agli inquirenti di presunte irregolarità nella gestione delle attività finanziate dall’Ue. Ad esempio, pare che nell’istituto fosse prassi raccogliere le firme degli alunni necessarie a certificare lo svolgimento delle iniziative su fogli- presenza e non contestualmente, durante le ore di svolgimento dei progetti, poiché le attività erano per lo più disertate.
Daniela Lo Verde e Daniele Agosta hanno risarcito il danno e sono stati condannati al pagamento delle spese sostenute per la costituzione in giudizio del Codacons Sicilia, unica associazione presente che nel mese di aprile del 2023 aveva già depositato un esposto a firma dell’avvocato Marcello Drago.
“L’iniziativa del Codacons ha preso le mosse dal forte turbamento generato da un’antimafia di facciata – si legge in una nota – addirittura praticata da chi ha delicate responsabilità didattico-educative e riveste un ruolo cardine nell’affermazione dei principi di legalità, peraltro in quartieri simbolo della città. Quel che è accaduto costituisce un grave danno per chi, come i giovani allievi e le loro famiglie, identifica nel preside un modello formativo e un riferimento sociale, perché capo dell’organizzazione scolastica cui la società affida l’istruzione e la crescita dei giovani”.
“Al di là dell’epilogo giudiziale, si è consumata la violazione di quel patto educativo tra la scuola e la società civile, che nel processo è stata rappresentata soltanto dal Codacons – prosegue la nota -. Sorprende infatti che il disvalore generato dalla condotta di chi è stato a capo di un’istituzione scolastica in un quartiere della città alla perenne ricerca di riscatto, non abbia spinto anche il Comune di Palermo e le istituzioni scolastiche a prendere parte, se pur simbolicamente, al giudizio che oggi si è concluso”.