Ennio Di Lalla, 86 anni, pensionato cardiopatico, è uscito per andare a fare degli esami. Quando è tornato in Via del Giudice, zona Don Bosco a Roma, dove abita, ha trovato la porta blindata scardinata. E la serratura cambiata. In altre parole, gli avevano rubato la casa. L”appartamento era stato occupato da una nomade, con la figlia piccola e il cane. Se ne era impossessata, aiutata da qualche complice, ovviamente. «Ora qui ci sono io», ha detto da dietro la porta ai carabinieri. E tanti saluti. Ennio, di conseguenza, dal 13 ottobre è rimasto senza casa, e da allora ha vissuto dal fratello. Senza nemmeno permettergli di recuperare le sue medicine salvavita, perché le forze dell’ordine non possono fare nulla nell’immediato, se non beccano in flagrante l’occupante. Ma per fortuna l’incubo è finito. La casa di Ennio Di Lalla ieri mattina si è liberata. Non è stato facile, perché purtroppo in Italia non è facile far valere i propri diritti per chi si ritrova con la propria casa occupata, nonostante la palese illegalità,
Questa volta è andata bene, è stata fatta giustizia, sebbene ci siano voluti ben 23 giorni. Rubare la casa anche solo per un paio di settimane è un atto riprovevole, in special modo se la vittima è un uomo di 86 anni, che lì ci vive da una vita, cardiopatico e solo. Significa quasi ucciderlo. Inoltre quella rom senz’anima ha saccheggiato l’appartamento, e lo ha trasformato in una latrina. Però, forse, è meglio osservare il bicchiere mezzo pieno. Ennio di Lalla riavrà prestissimo la sua casa. È questione di ore. I Carabinieri della stazione di Roma Cinecittà hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo emesso dal gip su richiesta della Procura. Che ha anche attivato un procedimento penale a carico di Nadia Sinanovic, 28 anni, nomade slava, per “danneggiamento e invasione di terreni o edifici”. Ma già ieri mattina aveva già fatto perdere le proprie tracce.
Era stata lei, il 13 ottobre, quasi certamente aiutata da un gruppetto di balordi, a scardinare la porta di quell’appartamento di via del Giudice, quartiere Don Bosco, periferia sud-est della Capitale. E cambiare la serratura. Per trasferirsi in pianta stabile con la figlia piccola e un cane. «Non sapevo dove passare la notte», aveva detto subito ai carabinieri. Anche se in realtà la donna risulta residente nel campo nomadi di via dei Gordiani. Ai militari dell’Arma per giustificare l’occupazione prima aveva detto di essere incinta, poi che aveva il Covid e poi ancora che era l’amante dell’anziano. Tutte bugie, manco a dirlo. Una presa in giro che fa ancora più male perché sulla pelle di un signore con problemi di salute non si può scherzare.