Licenziamento immediato, adesso se dici queste frasi al datore di lavoro ti butta fuori: la legge gli dà ragione in ogni caso
In ufficio devi morderti la lingua e parlare il meno possibile: se ti scappa una di queste frasi sei rovinato, il datore di lavoro può licenziarti.
Difendere il posto di lavoro, con i tempi che corrono, è divenuta una priorità assoluta per qualsiasi dipendente. D’altro canto, non è semplice trovare occupazione nel 2024 e, di conseguenza, va fatto il possibile per preservare la propria posizione. Inavvertitamente, però, ci si può tradire senza volerlo.
Per legge, c’è un repertorio di frasi incriminate da cui è consigliato stare alla larga. Non bisogna per alcuna ragione pronunciarle, in quanto si potrebbe incorrere nel licenziamento immediato da parte del proprio datore di lavoro. Tutelato, quest’ultimo, da un punto di vista giuridico per effetto di una recente sentenza della Cassazione.
Talvolta si parla senza pensare alle conseguenze, anche perché è facile che – per determinate frasi – non si percepisca l’effettiva gravità. Che, effettivamente, di primo acchito difficilmente si riesce a evincere. Alla luce di quanto sentenziato dagli Ermellini, però, ora è bene drizzare le antenne e dribblare vocaboli e periodi “scomodi”.
Non rimane quindi che proseguire nella lettura del presente articolo per non farsi cogliere in contropiede dal proprio principale e subire un provvedimento disciplinare severo, che può sfociare nel licenziamento.
Rischi il licenziamento immediato se pronunci queste frasi: presta attenzione
Con l’ordinanza numero 30613/2024, la Cassazione ha definito legittimo il licenziamento di un dipendente a causa di gravi violazioni disciplinari. Tutto è imperniato sulla fiducia nel rapporto di lavoro, che rappresenta una pietra angolare ed è il presupposto primario per una collaborazione duratura.
In particolare, gli Ermellini si sono pronunciati in riferimento a una divergenza nata a seguito dell’allontanamento di un dipendente dal posto di lavoro per via di una menzogna raccontata al suo capo. Non si tratta soltanto di fiducia tradita, bensì anche di una pietra tombale sulla possibilità di mantenere solido il legame professionale e che, a questo punto per legge, costituisce un elemento utile per porre fine a quest’ultimo.
Se menti al datore di lavoro, sei licenziato: l’ha stabilito la Cassazione
La Cassazione ha decretato che il lavoratore licenziato si è dimostrato totalmente indifferente verso le necessità della sua azienda, in netta contrapposizione con il ruolo ricoperto. Questo perché si era assentato senza preavviso, adducendo come motivazione della sua assenza un presunto problema di salute della moglie.
Una bugia scaturita da una tendenza a un comportamento ingannevole, ritenuto sufficiente dagli Ermellini per rendere inapplicabili gli obblighi previsti dal contratto di lavoro. Il ricorso del diretto interessato è stato respinto e il licenziamento, di conseguenza, è diventato a tutti gli effetti definitivo. Oltre il danno, anche la beffa: l’uomo è stato condannato al pagamento delle spese legali relative al procedimento.