Cronaca di Palermo

Lo stilista Dolce offende i giovani siciliani, la replica: “Non ci serve la morale di chi è scappato per fare fortuna”

Hanno fatto scalpore le parole di Domenico Dolce, del noto marchio di moda Dolce&Gabbana, sui giovani siciliani. In occasione del suo compleanno nella natìa Polizzi Generosa, in provincia di Palermo, lo stilista ha infatti colto l’occasione per dichiarazioni non proprio lusinghiere: “Le generazioni di oggi non hanno una dignità. Mi dicono che non faccio niente per loro, ma io a 18 anni ho preso una valigia di cartone e sono andato a Milano. Fate noccioline, il fagiolo badda, ricamate, come si può pretendere il progresso se nessuno fa un caz*o” (LEGGI QUI).

Parole che hanno dato vita a polemiche chiaramente e che hanno suscitato anche il commento del sindaco Gandolfo Librizzi: “ È suo solito dire provocando, sferzare per stimolare a osare di più. Ma è indubbio che ha urtato diverse sensibilità. Le generalizzazioni non aiutano e qui, nella comunità che mi onoro di rappresentare, molti giovani stanno provando a rimanere, aprendo nuove attività e moltissimi altri sono andati altrove per costruirsi un futuro. Così dicendo, l’effetto quindi è contro producente”.

La replica di “Si Resti Arrinesci” a Domenico Dolce

A replicare alle parole dello stilista Domenico Dolce anche i giovani dell’organizzazione “Si Resti Arrinesci”. “‘Voi giovani siciliani siete fannulloni senza dignità, andate a lavorare! Qua da me si aspettano che gli regali soldi […] Io a 18 anni ho preso una valigia di cartone e sono andato a Milano’. Queste in sintesi le parole che lo stilista miliardario Domenico Dolce ha usato qualche giorno fa per liquidare seccamente la condizione di decine di migliaia di giovani siciliani costretti quotidianamente a barcamenarsi tra disoccupazione, spopolamento, lavoro precario, sottopagato, in nero”, si legge in una nota. 

“In effetti sentivamo proprio il bisogno di queste parole, parole che più o meno direttamente dovrebbero ricordarci che la colpa è nostra se in questa società di disuguaglianze e ingiustizie non riusciamo a trovare la nostra strada. Vecchi luoghi comuni di una costruzione culturale secondo cui l’unica scelta che abbiamo sia andare via dalla Sicilia, perché qui per causa nostra non cambierà mai niente”.

“Ognuno di noi, giovani siciliani fannulloni, ha una storia da raccontare. Una storia che si scontra con delle scelte politiche mirate che da decenni condannano la nostra terra all’abbandono e alla rassegnazione”.

“Storie come quella di Alessandro, venticinquenne di Catania, che da anni si scontra con una realtà lavorativa e sociale che non permette ai giovani di scegliere che strada percorrere. ‘Da quando ho finito la scuola ho deciso di non abbandonare la città in cui vivo, di non rassegnarmi alle difficoltà ma costruire qui il mio futuro’, risponde così alle dichiarazioni del famoso stilista. ‘Negli anni questa scelta non è stata facile: per poter frequentare l’Università sono stato da subito uno studente-lavoratore. In Sicilia, a Catania, trovare lavoro è stato possibile solo nell’ambito della ristorazione e del turismo: ho fatto il rider e ho lavorato in sala per tre anni, sempre a condizioni di sfruttamento e che richiedevano spesso più di dieci ore di lavoro giornaliere”.

“Nonostante questo sono convinto di non essere l’unico che pensa che la Sicilia non debba essere un territorio destinato unicamente a essere sfruttato, ma dove poter costruire una prospettiva di vita diversa, delle condizioni sociali più giuste e dove non si è costretti a competere e a abbandonare la propria famiglia, i propri amici, i propri sogni. Ora sto finendo gli studi in Sociologia, e sono ancora convinto che andarmene non sia la mia scelta: a chi pensa che l’unico modo per noi giovani per “realizzarci” sia quello di asservirci allo sfruttamento, all’arrivismo e all’ideologia del ”self made man” che si arricchisce circondato da scansafatiche, io e tutti i giovani e le giovani che la pensano come me, rispondiamo mostrando la concretezza di ciò che si vive nel nostro territorio, e costruendo, immaginando, ogni giorno un altro tipo di relazioni e di comunità'”.

“Per fortuna esistono tanti di noi che in questa terra vogliono rimanerci, lottare, cambiare le cose, costruire le condizioni per restare. Per questo, l’auspicio è che i tanti giovani pendolari, fuori sede, emigrati possano un giorno tornare in Sicilia per costruire qui il loro futuro. A Domenico Dolce auguriamo invece di non tornare più, perché non abbiamo bisogno dell’elemosina di qualche miliardario o la morale di chi è scappato per fare fortuna e adesso è pronto a disprezzare i siciliani e la Sicilia”.

L’organizzazione ricorda gli appuntamenti del 23 e 24 agosto con “Questa è la mia terra – Festival per il diritto a restare” e il 25 e il 26 agosto a Palermo con il “Canta e Cunta Festival 2023”. Due eventi culturali per immaginare un’alternativa reale sul nostro territorio.

 

 

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Redazione PL