Nel bilancio dell‘operazione “Stirpe” spiccano sedici provvedimenti di fermo per associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata del metodo mafioso. ‘ Un blitz effettuato da polizia e carabinieri, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. È scattato al termine di due anni di indagini, che hanno riguardato il mandamento mafioso di Brancaccio/Ciaculli. Ha fatto seguito alle operazioni “Maredolce 1”, “Maredolce 2”e “Sperone”, concluse tra il 2017 e il 2019. Gli investigatori hanno individuato i capi e gregari delle famiglie mafiose della Roccella e di Brancaccio e hanno ricostruito le loro responsabilità, in ordine a più di 50 episodi estorsivi in danno di quasi altrettanti operatori economici.
Al comando c’era Giuseppe Greco, nipote del ‘papa’ di Ciaculli, Michele Greco. Gli investigatori della polizia nella loro ricostruzione hanno delineato il quadro di una porzione di territorio fortemente condizionata dalla presenza di Cosa Nostra, dove gli stessi imprenditori o commercianti, prima di avviare le loro attività, avvertono la necessità di “essere autorizzati” dal referente mafioso della zona. Le vicende di pizzo documentate, grazie alla intraprendenza e conoscenza del territorio degli operatori della Squadra Mobile, hanno riguardato supermercati, autodemolitori, macellerie, bar, discoteche, farmacie, panifici, imprese di costruzione, rivendite di auto ed altri ancora per un totale di quasi 50 episodi ricostruiti, e quasi altrettanti esercenti, a fronte di nessuna denuncia pervenuta alle forza dell’ordine. In alcuni casi, i commercianti si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni o di offrire all’estortore un escamotage per eludere eventuali controlli di polizia.
Nel territorio della famiglia di Roccella, guidata dai boss Giovanni Di Lisciandro e Stefano Nolano, molti commercianti pagavano il pizzo senza che più nemmeno gli venisse chiesto. Pare che per le nuove attività che aprivano cercavano il referente mafioso per pagare la cosiddetta “messa a posto”, l’estorsione di inizio attività. Questo hanno accertato gli investigatori della squadra mobile che questa notte hanno falcidiato la famiglia di Roccella con fermi per mafia ed estorsione aggravata. Dalle indagini è emerso come i due boss abbiano gestito la rete relazionale mafiosa fissando gli incontri con gli altri sodali con la massima riservatezza. E hanno gestito i proventi delle estorsioni e del traffico di stupefacenti con particolare attenzione al mantenimento dei familiari dei detenuti.
I carabinieri, si sono concentrati sui vertici del mandamento di Ciaculli, e hanno arrestato: Giuseppe Greco, 63 anni; Ignazio Ingrassia, 71 anni; Giuseppe Giuliani, 58 anni. Invece i fermati dalla polizia sono: Giovanni Di Lisciandro, 60 anni, Stefano Nolano, 42 anni, Angelo Vitrano, 63 anni, Maurizio Di Fede, 53 anni, Gaspare Sanseverino, 48 anni, Girolamo Celesia, 53 anni (altro volto molto noto), Sebastiano Caccamo, 66 anni, Giuseppe Ciresi, 32 anni, Onofrio Claudio Palma, 43 anni, Rosario Montalbano, 35 anni, Filippo Marcello Tutino, 50 anni, Salvatore, Gucciardi, 41 anni, Giuseppe Caserta, 46 anni.
Di Lisciandro e Nolano sarebbero al vertice della famiglia di Roccella, ma le strategie le decrebbe Di Fede. Mentre a Brancaccio spiccano i ruoli di Celesia e Tutino. Quest’ultimo avrebbe fatto pesare il suo blasone mafioso. Tutti sono indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, armi, ed estorsione aggravata. Al centro dell’attenzione degli investigatori il pizzo: più di 50 gli episodi di estorsione ai danni di quasi altrettanti commercianti di Palermo.