Nell’operazione antimafia di ieri che ha portato all’arresto di nove persone tra i quartieri Sperone e Brancaccio, un solo imprenditore ha denunciato il pizzo.
Poi nessun altro. Una realtà che ancora oggi getta ombre sui principi di legalità che continuano a piegarsi alle pretese dei boss mafiosi, sempre più “normalizzate”. Perché a Palermo va – ancora – così. Meglio subire anziché denunciare per paura di ritorsioni e perché “Lo fanno tutti”.
“Ringraziamo le forze dell’ordine e gli inquirenti per la loro incessante attività di contrasto a Cosa nostra – dichiara Mario Attinasi, presidente di Assoimpresa – denunciare il pizzo dovrebbe essere ormai un gesto normale. Non sono più accettabili compromessi di alcun genere, occorre ribellarsi utilizzando tutti gli strumenti messi a disposizione dello Stato”. Assoimpresa, in merito, ha anche costituito uno sportello anti-racket e anti-usura proprio per supportare i commercianti vittime di pizzo.
Dopo l’operazione di ieri, le dinamiche dell’agguato che ha portato all’uccisione di Romano e al ferimento dell’amico 28enne Alessio Caruso, assumono sempre più contorni nitidi. Un giro di affari tra potere, scommesse clandestine, droga ed estorsioni che coinvolgerebbero hotel, officine meccaniche e persino il venditore ambulante dello street food.
Una nuova possibile guerra di mafia e tanti ancora i dettagli da chiarire, ma torna sempre un’unica costante. Quel paradosso tra gli ideali di Cosa Nostra e le preghiere rivolte ad un Dio nel chiedergli di proteggerli. “Noi abbiamo degli ideali dentro, che non facciamo morire mai – così diceva Romano, come riportato da La Repubblica – e noi preghiamo il Signore che certe cose non finiranno mai… noi siamo contro lo Stato, siamo contro la polizia”.
Nello specifico la custodia cautelare in carcere è stata disposta per Alessio Salvo Caruso, il 28enne attualmente in carcere perché rimasto ferito nella sparatoria in cui ha perso la vita Giancarlo Romano; Giuseppe Arduino, 54 anni; Giuseppe Chiarello, 48 anni; Damiano Corrao, detto “kiss kiss”, 62 anni; Francesco Farina, 70 anni; Sebastiano Giordano, 63 anni; Antonio Mazzè, 57 anni; Settimo Turturella, 53 anni; Vincenzo Vella, 58 anni. Tra i destinatari del provvedimento c’era anche lo stesso Romano.