Emergono nuovi dettagli dall’operazione “All in” portata a termine dalla Guardia di Finanza. Le indagini hanno scoperchiato l’influenza mafiosa sulla gestione delle scommesse di Palermo portando a diversi arresti. È stata individuata anche la centrale operativa della cosca mafiosa comandata da Salvatore Rubino: in una falegnameria di via Paolo Emiliano Giudici, l’uomo muoveva le fila. Il metodo utilizzato da uno degli arrestati si era rivelato fruttuoso: l’influenza mafiosa, partita da Palermo, era riuscita ad allargarsi in tutta la Sicilia sbarcando, anche, in Campania.
Dalle intercettazioni, la Guardia di Finanza è riuscita a capire meglio il modus operandi dei mafiosi. Salvatore Rubino, già dal 5 maggio 2018, parlava degli stretti rapporti con Christian Tortora all’epoca dell’operatività di Bet For Bet srl e sono proseguiti anche in seno alla gestione di Tierre Game srl e Gierre Game srl. Una figura di spicco quella di Tortora nell’organizzazione mafiosa delle scommesse: l’uomo, infatti, risulta essere l’ideatore e l’organizzatore delle società atte ad acquistare, con capitali illeciti, i diritti e concessori per l’esercizio dei giochi.
Grazie ad una microspia piazzata nella falegnameria incriminata, centrale operativa della cosca, le forze dell’ordine sono riuscite a far luce sull’organizzazione del racket. È stato proprio Salvatore Rubino, ovviamente in modo inconsapevole, a raccontare la sua leadership all’interno della gestione delle scommesse: “Il padrone sono sempre io, con te … fammi avere cinquemila euro al mese, più mille di come si chiama, seimila euro al mese, il resto non voglio sapere niente questi sono gli accordi”.
Il gip ha chiarito una volta di più il modus operandi della mafia all’interno del campo delle scommesse: “Quanto affermato da Rubino conferma, inequivocabilmente, che i soci e amministratori di diritto abbiano di fatto avuto la finzione di meri intestatari fittizi e soggetti a disposizione di Rubino degli altri “soci occulti” Cristian Tortora e Vincenzo Fiore. Le affermazioni di Salvatore Rubino nella falegnameria forniscono l’esatta chiave di lettura di quel processo di graduale “spogliazione societaria” e, pertanto, evidenziano come egli, dopo aver creato con Christian Tortora le suddette società, ad un certo punto, abbia rinunciato ad amministrarle, rimanendone pur sempre il dominus rispondendo, alla superiore volontà di Francesco Paolo Maniscalco”.