Mal d’amore, crisi, tradimento: come rendere il dolore un’esperienza costruttiva
L’intervista alla psicologa Angela Marchetti sui temi della rottura e del mal d’amore, passando per il tradimento e la gestione delle crisi all’interno di una relazione
Il 14 febbraio è San Valentino, festa degli innamorati. Tra ironia e ilarità, la ricorrenza genera spesso divisione: chi la festeggia con entusiasmo, chi la odia, chi la vive deprimendosi. La cosa si acuisce se si attraversa un momento non facile dal punto di vista sentimentale: il mal d’amore, determinato dalla fine di una relazione, è uno di quei dolori che quasi tutti vivono nel corso dell’esistenza.
Ma com’è possibile affrontarlo? Come gestire il dolore di un rapporto che finisce, trasformandolo in un bagaglio importante più che in una zavorra? Ne abbiamo parlato con la psicologa palermitana Angela Marchetti, specialista in psicoterapia sistemico relazionale.
Crisi e rottura
Una prima e importante distinzione da tracciare è sicuramente quella tra la fine di un rapporto e una crisi. Queste ultime fanno parte, infatti, della storia della relazione stessa.
“Le crisi possono dar luogo alla rottura del rapporto – spiega la dott.ssa Marchetti – nel momento in cui non ci si mette in discussione individualmente; a volte si tende un po’ ad attribuire tutta la responsabilità dei problemi all’altro. Sicuramente per affrontare una crisi è importante mettersi in discussione, provare anche a capire come sono mutati i bisogni individuali e quelli dell’altro. Darsi del tempo e provare un attimo a ricalibrarsi, a dare luogo a una sorta di rinegoziazione della coppia, che può essere di spazi, di tempi, di modalità dello stare insieme. Pensiamo a quando nascono i figli o si cambia lavoro… Ci possono essere tante condizioni che possono portare alla necessità di rinegoziare. Quanto le due persone sono in grado eventualmente di farlo? Lì forse una mancata rinegoziazione può dare luogo alla fine della storia”.
Mal d’amore, come il dolore può divenire un bagaglio importante
“Spesso nelle storie c’è uno dei due che tende a darsi completamente e investire tutto sull’altro – spiega la psicologa -. Il che, da un lato, è inevitabile perché per sperimentare un rapporto con basi di autenticità è chiaro che bisogna mettersi in gioco. Questo però non significa snaturarsi, che ha a che fare con la modifica di tutte le sfere di vita per l’altro”. La dott.ssa Marchetti traccia una distinzione importante, che si fa sentire anche nel momento in cui una storia si chiude.
“Spesso ho pazienti – soprattutto donne – che escono da storie con partner fortemente narcisistici, soggetti che vampirizzano l’altro. Spesso cambiano lavoro, mollano le amicizie, mettono la loro vita a soqquadro e quando la storia finisce crolla loro il terreno sotto i piedi. Ecco, questo è un grosso fattore di rischio. Una cosa è mettersi in gioco a livello emotivo, un’altra mettere in discussione l’equilibrio precedente per l’altra persona. Mettersi in gioco sì, ma non mettere in discussione tutta la propria vita: sfera sociale, lavorativa, familiare. Significa perdere l’identità”.
Primo aspetto, che influisce dunque anche nel momento in cui una storia finisce, è quindi quello di viverla in maniera equilibrata. Oltre a questo, è chiaro però che la fine di una relazione importante genera sempre del dolore. “Viviamo in un’epoca in cui è difficile pensare a soffrire, si cercano sempre degli anestetici. Ma alla fine di una storia può essere, invece, importante lasciarsi attraversare dal dolore. Le distrazioni sono sicuramente importanti ma hanno l’effetto di farci mettere la testa sotto la sabbia e rimandare una sofferenza che comunque potrà riaffiorare dopo, se non abbiamo elaborato la fine della storia, se non abbiamo provato a capire cosa è successo rispetto a questa fine. Mettiamoci in discussione. E’ chiaro che se non l’abbiamo fatto questi temi inevitabilmente si ripresenteranno nella storia successiva”.
Un processo doloroso, ma sicuramente più costruttivo del cosiddetto “Chiodo schiaccia chiodo”. Dare un senso a ciò che è successo “in modo da portarlo, come apprendimento, nelle storie successive”.
Vita di coppia e tradimento
E’ chiaro che la responsabilità della fine di una storia non è mai solo di uno dei due partner. Nemmeno in caso di tradimento. “Spesso le coppie vengono con l’idea che chi ha tradito è il colpevole, perché ha attentato alla coppia – commenta la dott.ssa Marchetti -. Poi magari si scopre che l’uno non cercava più sessualmente l’altro o che c’è un’ingerenza fortissima di una delle due famiglie d’origine nella coppia. Il tradimento, in un’ottica sistemica, non va letto solo come un modo per evadere la routine”. Chiaramente non si sta parlando di individui che adottano questo modus operandi come consuetudine, ma di chi, dopo una stabilità di coppia durata per un certo periodo, ad un certo punto mette in atto il tradimento.
“Leggendolo come sintomo di qualcosa che non va nella relazione, possiamo provare a considerarlo come una strategia – seppur per certi versi disfunzionale – per trovare un equilibrio in una situazione di disequilibrio. Quindi, un modo quasi per evitare che questa relazione frani; un po’ un contrappeso rispetto a una relazione che non funziona più”.
Coppie aperte e “troppie”
Un’altra distinzione è, inoltre, d’obbligo: un tradimento non ha nulla a che vedere con una relazione aperta. “Soprattutto oggi, c’è una certa fluidità nella relazione di coppia e si può fare tutto nella misura in cui questo tutto è accettato dal partner. Ci sono molte coppie che oggi vivono in modo aperto; hanno relazioni al di fuori della coppia, ma sono accettate dall’altro”.
Ecco che dalla coppia si arriva così alla “troppia”, relazione che coinvolge più membri al suo interno. La parola d’ordine è sempre quella di essere sulla stessa lunghezza d’onda. “Tutto è possibile all’interno di una coppia o di una troppia – chiarisce la psicoterapeuta – . Fino a quando questo non lede i sentimenti di nessuno dei membri della relazione va bene, ormai è culturalmente più accettato questo aspetto. Mentre prima, quasi per cultura patriarcale, c’era l’uomo traditore e la donna pura e pulita, oggi c’è maggiore parità di ruolo e c’è quindi la possibilità per una relazione di essere aperta, fluida”. Fluidità anche rispetto ai generi: in molti casi le categorie di omosessualità e bisessualità risultano superate da quella di omnisessualità, che indica l’attrazione per tutti i generi.
“Si possono amare più persone – conclude la dottoressa – nel momento in cui questa è una convenzione della relazione. Va bene tutto finché c’è rispetto dell’altro, questo è il concetto. Il poliamore esiste”.
Disillusione e amore maturo
Nella giornata dell’amore non potevamo infine non chiedere i “segreti” che rendono una relazione duratura e qualitativamente appagante.
“L’amore romantico è un amore inziale – spiega la dott.ssa Marchetti -, in cui abbiamo le famose farfalle nello stomaco. Il partner ci sembra perfetto. Col passare del tempo emergono chiaramente anche le caratteristiche meno desiderabili, i difetti; la routine quotidiana sicuramente attenta a quello che è anche l’erotismo. Dunque a questa illusione della prima fase può seguire quella che si può definire come una delusione, nel vedere che il partner non è poi così perfetto. E’ questa la fase in cui si entra a volte in crisi”
“Alla fase della delusione può, però, seguire una disillusione, ossia la consapevolezza che l’altro è così com’è ma nonostante ciò si decide di rimanere insieme. Quando accade questo, si passa dall’amore romantico all’amore maturo. Per farlo, però, dobbiamo aver abbandonato l’idea di voler cambiare l’altro. Il che è spesso quello che succede quando si iniziano a vedere i difetti. Semmai siamo noi che dobbiamo cambiare, nel senso di accettare l’altro così com’è”.
Insomma, per passare all’amore maturo bisogna attraversare la disillusione. Scegliere di rimanere anche quando il velo cade e scopre ciò che meno amiamo. Nella consapevolezza che “la messa in discussione è individuale e personale”. Non si può cercare di cambiare qualcuno infatti; piuttosto è il singolo individuo che può scegliere di smussare alcuni aspetti che vede che non piacciono al partner. A ciò si aggiunge la capacità di rinegoziare luoghi, spazi, tempi con lo scorrere del tempo. “La coppia è perennemente in equilibrio – conclude la dott.ssa Marchetti -. Non c’è un momento in cui si possa dire di essere arrivati”.