Figuccia prepara la sua marcia su Portella della Ginestra per liberare la Sicilia dal potere centrale di Roma. Verrebbe da scomodare il mitico Rocco Schiavone e il suo stica…, ma meglio soprassedere. Se c’è una cosa di cui francamente non si sente la mancanza è la rievocazione di simbologie che ricollegano alle pagine più oscure della storia italiana e di quella siciliana.
Non se ne abbia a male Vincenzo Figuccia, ma tranne che per la manifestazione di Assisi dove la parola pace è preminente, quando si parla di marcia in Italia, nel senso di adunata politica, non sono pochi (e a ragione) quelli a cui saltano i nervi. E il nostro onorevole, peraltro, mette insieme la marcia con Portella della Ginestra, dove il bandito Giuliano e i suoi ispiratori occulti scrissero una delle storie più nefaste della Sicilia, facendo un macello che ancora oggi, con tutto il revisionismo di questo mondo, trova sempre un’unica e incontrovertibile spiegazione: attacco al cuore del movimento operaio siciliano.
Figuccia o lo ami o lo odi, ha sempre interpretato la politica con uno stile, diciamo così, poco convenzionale. Preferisce la strada alle stanze dei Palazzi, una modalità sempre sul filo della provocazione. E dove ci sono cause perse (nel senso di istanze difficili da difendere perché ai limiti dei confini normativi) ecco che ci si butta a capofitto, secondo la regola aurea della ricerca del consenso che dice va’ dove gli altri non vanno.
Il suo stare perennemente in prima linea gli ha fatto rinunciare dopo pochissimi giorni, meno di 30, all’incarico di assessore all’Energia. Da uomo di governo difficile fare politica alla sua maniera. Attaccò Gianfranco Micciché, neo eletto alla guida dell’Ars e aspettò pacifico la reazione dei partiti della maggioranza. Lo lapidarono, ma era esattamente quello che voleva. La sua dichiarazione dopo le dimissioni non sorprese nessuno: “Oggi più che mai mi sento un uomo libero e da tale condizione continuo a portare avanti le mie idee, fedele al mandato degli elettori che mi hanno votato per tutelare la posizione dei cittadini, di chi soffre e di chi vive una condizione di difficoltà economica”. Ha il gusto della provocazione, ogni giorno mette in ballo la sua reputazione, non teme critiche, anche delle più feroci e personali se ne sbatte ampiamente. La parola marcia associata a Portella non è casuale.
Non è un caso che contro l’iniziativa di Figuccia sia scesa in campo la Cgil, con un comunicato che è l’antipasto di una vera e propria sfida a campo aperto. “Ci auguriamo che sia soltanto un’infelice scelta di parole – scrivono in una nota ufficiale Calogero Guzzetta (segretario della sezione di Palermo) e Dario Fazzese (segretario della federazione degli agrari territoriale). Chiediamo agli organizzatori, nel rispetto della storia e delle vittime che Portella rievoca, di scegliere un’altra sede”. E giù anche contro la parola marcia, che richiama il fascismo e ciò che ne conseguì. Ma la Cgil va anche oltre, ben sapendo che mai l’appello sarà ascoltato visto che proprio il clamore era l’obiettivo che Figuccia intendeva ottenere e si rivolge direttamente ai Comuni di Monreale e Piana degli Albanesi “affinché non concedano quegli spazi (cioè Portella della Ginestra, ndr) prestandosi a quella che a tutti gli effetti risulterebbe una brutta provocazione alla memoria democratica della nostra terra. La Cgil garantirà con la propria presenza la sacralità di quel luogo”. L’appuntamento è per lunedì, ultimo giorno di agosto, alle ore 15. Con queste premesse c’è il rischio di una giornata in linea con la stagione.