Massimo Giletti sotto scorta per le minacce del boss Graviano
Il protocollo di sicurezza è in vigore da fine luglio, ma si è appreso da poco. Il giornalista, conduttore del programma Non è L’Arena su La7, amareggiato per non essere stato informato per tempo
Sotto scorta da fine luglio ma si apprende soltanto adesso. Massimo Giletti, giornalista e conduttore della trasmissione Non è l’arena in onda su La7, è attualmente protetto dai carabinieri su disposizione della Prefettura di Roma, dopo le minacce captate dal carcere di massima sicurezza da parte del capomafia di Brancaccio Filippo Graviano. La notizia è di AntimafiaDuemila, che per prima ha lanciato e ha posto l’attenzione sul coraggio dell’autore televisivo oggi sotto tutela.
Giletti, che si occupa di inchieste giudiziarie, aveva posto la lente d’ingrandimento sul sistema giustizia e sulle scarcerazioni eccellenti a causa dell’emergenza Covid. Tra cui l’uscita di centinaia di mafiosi. Fulcro della questione la puntata della sua trasmissione dello scorso 10 maggio, quando il giornalista iniziò ad elencare i nomi dei detenuti fuori dalle carceri per il pericolo di contagio. Un dossier televisivo durato settimane, in cui alla gogna mediatica andò per primo il capo del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) Basentini, poi dimessosi, e che scatenò una diatriba anche tra il magistrato Nino Di Matteo ed il guardasigilli Alfonso Bonafede.
IL POTERE DI UN LIBRO – L’uscita a metà luglio del nuovo libro ‘U siccu‘ su Matteo Messina Denaro, scritto dal giornalista Lirio Abbate, solleva un polverone estivo dopo quello di tre mesi fa, che pareva essersi quietato. Si fa riferimento alle intercettazioni ambientali in carcere ed i malumori del boss Graviano che, all’indomani di quella famosa puntata, ovvero l’11 maggio, colloquiava con lo ndranghetista Barillari: “Il ministro fa il suo lavoro e questi… Giletti e Di Matteo rompono la minchia”. I quotidiani evidenziano l’uscita del testo e dell’umore di Graviano verso quei servizi in televisione. Giletti apprende dai giornali le frasi a lui rivolte. Poi la chiamata di solidarietà del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Ma il conduttore rimane amareggiato per essere venuto a conoscenza da fonti giornalistiche e non da chi fosse titolato in prima persona ad informarlo, ovvero lo Stato. Si corre ai ripari e a fine luglio il provvedimento emesso dalla Prefettura di Roma a tutela dell’autore televisivo. E, rimettendo ordine al cronologico accadimento degli eventi (10 maggio, puntata; 11 maggio, commento intercettato; metà luglio, pubblicazione libro; fine luglio, scorta a Giletti), qualche domanda da formulare ci sarebbe di fronte alle evidenze riscontrate.