Maxi operazione antimafia a Messina e Agrigento, disposti arresti per oltre 50 persone
Maxi blitz antimafia ad Agrigento e a Barcellona Pozzo di Gotto, Messina. Nel messinese circa 150 agenti provenienti da tutta la Sicilia e anche dalla Calabria stanno eseguendo 15 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Messina, su richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia.
I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, peculato, trasferimento fraudolento di valori, violazione della pubblica custodia di cose e sottrazione di cose sottoposte a sequestro.
I carabinieri del comando provinciale di Agrigento hanno dato il via a un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di 51 indagati a Favara, Agrigento, Canicattì, Porto Empedocle e Gela. Tutti cittadini italiani, gravemente indiziati, a vario titolo, di appartenere all’organizzazione mafiosa denominata Cosa nostra, di far parte di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e altro.
Duro colpo alle famiglie mafiose di Porto Empedocle e di Agrigento/Villaseta
Le indagini, iniziate nel dicembre del 2021, hanno portato alla luce l’organigramma e le attività criminali delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e di Agrigento/Villaseta, con probabilmente a capo rispettivamente Fabrizio Messina, pregiudicato di anni 49, e Pietro Capraro, pregiudicato di 39 anni, a dimostrazione che, pur essendo stata sensibilmente intaccata nel corso degli anni da varie operazioni, Cosa nostra agrigentina è tutt’oggi pienamente operante, dotata di ingenti disponibilità economiche e di numerose armi, per di più in un contesto caratterizzato da una instabilità degli equilibri mafiosi faticosamente raggiunti nel tempo, cui si aggiungono i sempre più pericolosi, persistenti e documentati collegamenti tra gli associati ristretti all’interno del circuito carcerario e gli ambienti criminali esterni.
È stato riscontrato, infatti, un sistematico utilizzo di apparecchi telefonici da parte degli uomini d’onore, o di soggetti contigui al sodalizio, durante i rispettivi periodi di detenzione, lasciandone in tal modo inalterate le capacità di comando e consentendo loro di mantenere i contatti con i correi in libertà e di impartire ordini e direttive. La capacità dell’associazione mafiosa di controllare le dinamiche criminali del territorio è emersa in modo evidente, essendosi raccolti chiari elementi dimostrativi della commissione di numerosi reati (estorsioni, detenzioni di armi, incendi e danneggiamenti).
Entrambi i sodalizi criminali hanno, peraltro, dimostrato di possedere una non comune capacità di approvvigionamento mediante l’attivazione di contatti e rapporti commerciali non solo con i gruppi criminali delle altre province siciliane ma anche con altri gruppi sia nazionali che esteri (Belgio, Germania e Stati Uniti). Numerosissimi sono stati i trasporti di ingente sostanza stupefacente e la sua relativa cessione a terzi al fine di essere ulteriormente rivenduta al dettaglio. Nel corso dell’indagine, infatti, sono stati sequestrati oltre 100 kg di hashish, oltre 6 kg di cocaina e, lo scorso mese di novembre, anche la somma in contanti di 120mila euro contenuta in cinque pacchi sottovuoto occultati all’interno di un’autovettura.
L’ombra di una nuova guerra di mafia
Le più recenti attività investigative hanno registrato un’improvvisa e allarmante recrudescenza di gravi atti intimidatori realizzati anche mediante l’utilizzo di armi, probabilmente dovuta sia all’imposizione del rispetto della competenza territoriale sia ai tentativi di osteggiare l’egemonia del gruppo mafioso allo stato al vertice della famiglia di Agrigento-Villaseta. Si profilava, pertanto, il concreto rischio che potesse verificarsi un crescendo di azioni intimidatorie che avrebbe potuto portare alla commissione di reati ancora più gravi, ovvero quella che gli stessi indagati definiscono una vera e propria guerra di mafia, alla quale lo scorso mese di dicembre è stato posto un freno con l’esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziati di delitto emesso dalla Direzione distrettuale Antimafia di Palermo, in forza del quale sono state associate in carcere 24 persone ed effettuate numerose perquisizioni sia nell’immediatezza che nei giorni successivi, le quali permettevano di rinvenire e sequestrare, tra le altre cose, un arsenale composto da numerose armi e munizioni anche da guerra, tra cui una bomba a mano e una pistola mitragliatrice calibro 9, nonché la somma in contanti di 80mila euro.