Messina Denaro, chiesti tredici anni per il “postino” Bonafede: avrebbe assicurato i contatti col medico Tumbarello
L’uomo si è sempre difeso affermando di aver consegnato i documenti al cugino – omonimo – che aveva prestato l’identità a Messina Denaro, ritenendo che fosse lui il paziente e non il latitante
La Procura di Palermo ha chiesto la condanna a 13 anni di Andrea Bonafede, cugino e omonimo dell’alter ego del boss Matteo Messina Denaro, accusato di associazione mafiosa. L’imputazione originaria era di favoreggiamento aggravato, tuttavia, nel corso delle indagini, con l’emergere di nuove prove a carico dell’operaio comunale di Campobello di Mazara, i pm Gianluca De Leo e Piero Padova l’hanno modificata aggravandola.
Messina Denaro, chiesti tredici anni per il “postino” Bonafede
Secondo l’accusa, oltre a fare da “postino” facendo avere all’ex latitante, in cura per un cancro, prescrizioni e ricette compilate dal medico Alfonso Tumbarello, anche lui indagato, Bonafede avrebbe assicurato al capomafia una assistenza continua.
L’operaio, è nipote del boss del paese Leonardo Bonafede. Si è sempre difeso affermando di aver consegnato i documenti al cugino che aveva prestato l’identità a Messina Denaro ritenendo che fosse lui il paziente e non il latitante. Tuttavia, dalle indagini è emerso che almeno in due occasioni, nel novembre del 2020, Bonafede avrebbe attivato due sim per il cellulare che, secondo i magistrati, sarebbero state in realtà utilizzate dall’allora latitante.
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