Messina Denaro rivela: “Io non c’entro con l’omicidio del piccolo Di Matteo”

Il boss non negherebbe le sue responsabilità sul rapimento del piccolo Giuseppe Di Matteo. Trovato un quadro regalato alla “vivandiera”

Matteo Messina Denaro avrebbe negato l’accusa di avere fatto uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino. Il piccolo fu sequestrato e, dopo 25 mesi, sciolto nell’acido dalla mafia.

Il boss di Castelvetrano non si sarebbe sottratto all’accusa per il rapimento, ma per quanto riguarda la decisione di uccidere il bambino avrebbe scaricato la responsabilità su Giovanni Brusca, il boss di San Giuseppe Jato, poi diventato a sua volta collaboratore di giustizia.

L’omicidio del piccolo Di Matteo

Durante la prigionia, il bambino venne spostato varie volte tra il Trapanese e l’Agrigentino. Nel 1995 viene rinchiuso in un casolare nelle campagne di San Giuseppe Jato. Il padre Santino decide di non piegarsi al ricatto e di continuare a collaborare con la giustizia. La sera dell’11 gennaio 1996, quando Brusca sente in televisione di essere stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, ordina l’omicidio del piccolo Giuseppe, che viene strangolato e poi sciolto nell’acido

Messina Denaro e il quadro regalato a Lorena Lanceri

Nella casa dei due coniugi arrestati nei giorni scorsi a Campobello di Mazara, i carabinieri avrebbero trovato un quadro che sarebbe un dono di Messina Denaro. Dietro la tela c’è infatti una dedica per Lorena Lanceri, arrestata assieme al marito Emanuele Bonafede. I due sono accusati di essere stati i vivandieri del boss e di averne favorito la latitanza. Le parole dedicate alla donna, forse legata sentimentalmente al capomafia, sono queste: «A Lorena, una donna ma soprattutto un’amica mia». La stessa Lorena Lanceri ha parlato del quadro in una lettera inviata ad un’amica.

Inoltre, in un «pizzino» trovato a casa di Rosalia Messina Denaro, sorella di Matteo, assieme ad altre spese sostenute dal boss durante la latitanza è segnata anche la somma di 500 euro con accanto alla voce l’indicazione «quadro». Questo ritrovamento potrebbe costituire una ulteriore prova a carico dei due coniugi.

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