Una donna italiana di 27 anni, di origini bengalesi, nel 2019 ha denunciato a Brescia il proprio ex marito, un cugino nato nel Bangladesh, che, stando a quanto ha scritto il ‘Giornale di Brescia’, l’aveva comprata 10 anni prima per sposarla. Ha accusato l’uomo di averla maltrattata, schiavizzata, picchiata e umiliata per anni.
La procura di Brescia inizialmente aveva chiesto l’archiviazione del procedimento, ma il gip l’ha negata, ed ha ordinando l’imputazione coatta. Adesso. arrivati a processo, il pm ha chiesto nuovamente l’assoluzione dell’uomo. Perché, si legge nelle conclusioni depositate dalle parti, “i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’odierno imputato sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima. La disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine”. In altre parole, il PM ha chiesto l’assoluzione dell’ex marito perché questi suoi comportamenti sono una conseguenza dell’impianto culturale del suo Paese. Il processo arriverà a sentenza a ottobre.
Il procuratore capo di Brescia Francesco Prete ha condannato, senza mezzi termini, le scelte, «fatte in piena autonomia», del suo pubblico ministero, che ha chiesto l’assoluzione del cittadino del Bangladesh. Perché per il PM, l'”avere costretto la moglie al totale annullamento, con la costante minaccia di essere portata definitivamente in Bangladesh, è solamente “un fatto culturale”. Una posizione che lo stesso Guardasigilli Carlo Nordio a Zapping su RaiRadioUno ha definito «assolutamente inaccettabile, perché nel nostro sistema la legge è uguale per tutti. L’ignoranza – ha detto il ministro – non è una scusa, e picchiare la moglie, quale ne sia la ragione, è reato. Comunque – ha precisato – ho visto che la Procura ha fatto una precisazione che smentisce questa richiesta”.