Montante, al via la requisitoria del processo davanti alla corte d’Appello di Caltanissetta
Oltre all’ex leader di Confindustria Sicilia, sono indagati Gianfranco Ardizzone, ex comandante della guardia di finanza, Marco De Angelis, sostituto commissario di polizia, Diego Di Simone, responsabile della sicurezza di Confindustria, e il questore Andrea Grassi
Ha preso il via ieri, 14 gennaio, la requisitoria del processo sul cosiddetto “Sistema Montante” davanti alla corte d’Appello di Caltanissetta. La requisitoria del processo nei confronti dell’ex leader di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, e di altri quattro imputati si celebra nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, a porte chiuse, con rito abbreviato.
Una lunga camera di consiglio ha vagliato inizialmente la produzione documentale chiesta dalle parti e ammessa. In seguito, il sostituto procuratore generale di Catania Giuseppe Lombardo ha discusso la posizione del questore Andrea Grassi. Chiesta la conferma della sentenza emessa in primo grado dal Gup Graziella Luparello, ma con la concessione delle attenuanti generiche negate in primo grado.
Nella giornata di oggi si proseguirà dunque con la trattazione delle altre posizioni. Imputati nel processo sono Antonello Montante, condannato in primo grado a 14 anni per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione; il colonnello Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, condannato a 3 anni; il sostituto commissario Marco De Angelis, condannato a 4 anni; Diego Di Simone, capo della security di Confindustria, condannato a 6 anni. Infine, il questore Andrea Grassi, condannato a un anno e 4 mesi.
I cinque sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, favoreggiamento, rivelazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico.
Montante, le dichiarazioni
In occasione della prima udienza, lo scorso 11 giugno, Montante aveva fatto alcune dichiarazioni davanti all’aula bunker di Caltanissetta. “Il carcere mi ha massacrato psicologicamente – aveva detto -. Tutto mi sarei aspettato ma non un provvedimento restrittivo di questo tipo. Rinnoverò la fiducia alle istituzioni. Senza le istituzioni compresi i magistrati io non avrei potuto fare nulla di ciò che ha fatto. C’è stato un rispetto istituzionale dei ruoli e non soffro di vittimismo”.
Poi ha aggiunto: “C’è una frase importante di Papa Francesco che ho fatto mia: “Nella vita è bello non fare male”. Con questa frase sono riuscito a resistere e a perdonare i traditori. Io non parlerò male, parlerò della verità. Cioè quello che abbiamo fatto: sacrificare la vita per le istituzioni”.