Il flusso di coscienza nelle “Esortazioni solitarie” di Myriam De Luca
I versi raccontano una donna che ha trovato nella scrittura salvezza e rinascita
Nella poesia di Myriam De Luca trovano spazio, in perfetto equilibrio, l’analisi lucida e ferma delle dinamiche e dei drammi che attraversano la contemporaneità e le riflessioni, talvolta amare ma sempre consapevoli, legate alle relazione con il mondo esterno e alla progressiva strutturazione della personalità attraverso la gioia, il dolore, la curiosità, gli alti e bassi della vita e la conoscenza dell’altro.
Un incastro, quello tra “pubblico” e “privato” che trova concreta attuazione nella silloge poetica dal titolo “Esortazioni solitarie” che l’autrice palermitana ha pubblicato per i tipi de “Il Convivio Editore”.
Un viaggio emozionale che Myriam De Luca compie a beneficio di se stessa e del lettore, piacevolmente stupito dalla felice coincidenza tra parola scritta e musicalità del verso.
Concetti mirabilmente rappresentati anche nella prefazione e nell’introduzione, rispettivamente a cura di Sandra Guddo e Giuseppe Manitta.
La bellissima copertina, invece, è opera dell’artista Cinzia Romano La Duca.
NARRAZIONE E POESIA
La raccolta di poesie è la seconda opera letteraria della scrittrice e poetessa, dopo il trionfale esordio con il romanzo “Via Paganini, 7”, che non è azzardato definire un piccolo capolavoro, peraltro del tutto privo dell’ingenuità stilistica che, in genere, contrassegna le opere prime.
“Esortazioni solitarie” è un’ulteriore gemma nella quale, malgrado il cambiamento di registro – si passa, appunto, dalla prosa alla poesia – sono perfettamente riconoscibili i motivi fondanti dell’impegno culturale e la dimensione umana dell’autrice.
Utilizzando un linguaggio che si rivolge all’infinito anche quando la parola esplora gli abissi psichici, De Luca sceglie di percorrere senza sconti un itinerario emotivo che conduce attraverso tutte le possibili declinazioni del sentimento.
E del dolore.
Emergono, nella pacatezza composta di chi non ha concesso alla rabbia il dominio assoluto della propria vita, conflitti familiari e rancori mai archiviati ma tradotti costruttivamente in una ricerca costante volta alla comprensione.
Così come, con forza, viene fuori il senso di un’incompiutezza nel quale il lettore può ritrovare un segmento del proprio vissuto.
Emblematica è, in tal senso, “Felicità mai ballata”, sintesi del finissimo talento letterario dell’autrice, che tocca il sublime cavalcando onde altissime: “e non passa mai lo stato di torpore del veleno che ho ingerito nell’attimo veloce in cui è passato amore”.
LA POESIA DI MYRIAM DE LUCA, TRA FLUSSO DI COSCIENZA E RICERCA
Amore sì, ma sarebbe ingeneroso connotare Myriam De Luca come una poetessa e una scrittrice che elige, più o meno consapevolmente, di votare in toto al sentimento la propria opera.
La scrittura dell’autrice è, quasi ontologicamente, un flusso di coscienza che coinvolge, nel proprio scorrere, anche l’amore.
In realtà, Myriam De Luca sceglie di collocare oltre il senso della poesia e della narrazione, proiettandolo verso una dimensione che vede al centro una donna, le sue domande, lo sdegno verso la finzione.
E la voglia di regalare un abito nuovo alla fragilità facendone strumento di comprensione della realtà.
Laddove quest’ultima appare come la risultante delle esperienze e della loro elaborazione, nella piena consapevolezza dell’irrimediabilità di un vulnus quasi atavico, che vive ancora nell’infanzia riacutizzandosi nei momenti clou dell’esistenza.
In “Travestita di allegria”, la poetessa esprime senza mezzi termini la propria visione del mondo : “l’inferno non è la solitudine ma fingere di essere felice”.
Alcuni versi sono senza titolo: una scelta azzeccata e quasi necessaria.
Perché talvolta, la grandezza di ciò che è scritto, non può trovare la giusta sintesi in poche parole, che orberebbero i versi della loro “missione”, ovvero “costringere” – ancora una volta le virgolette sono d’obbligo – il lettore a trovare non il senso, ma un senso possibile da accordare al proprio vissuto.
Non a caso, il tema della libertà interiore è uno dei più ricorrenti nella raccolta.
In “Cogito ergo sum” , si legge “mi svuoto dello spirito del mondo per rinascere come uccello infuocato, dal profumo di cannella e mirra che brucia la morte e resiste al tempo”.
TENSIONE CIVILE, PAURE E RINASCITA
Non mancano, come sottolineato in precedenza, i riferimenti efficaci e partecipi a una società alla deriva e priva di un sistema valoriale che annoveri la riconoscenza verso chi è morto in nome di valori altissimi (“Profughi” e “Mafia e sale”).
Ma la vera essenza poetica di Myriam De Luca è da ricercare nel verso che mette in luce insicurezza e rinascita.
Due estremi legati dalla scrittura salvifica che, rutilante, ridà vita anche laddove solo il gelo sembra fiorire.
“Verità”, la più bella poesia della raccolta, parla chiaro : “il fantasma della paura mi induceva a non proseguire per quel percorso sconosciuto in cui avevo portato con me solo la fede e la voglia di scrivere”.
Chissà quante donne salvate dalla scrittura, nelle sue infinite possibilità espressive, sorrideranno – già al riparo, già al sicuro – leggendo i preziosi versi di un’autrice che ha già espresso il meglio di sé, ma il cui meglio deve ancora venire.