La storia di Nadia, musicoterapista palermitana trapiantata a Manchester

“La nostra città ha tutto per potere trattenere i suoi giovani, ma al contempo si fa di tutto per farli fuggire via”

Anno dopo anno, senza soluzione di continuità, sono tantissimi i palermitani che decidono di abbandonare la loro terra in cerca di fortuna altrove. Una triste realtà, che la pandemia in atto non fa altro che acuire e la cui inerzia negativa è ben lontana dall’essere invertita. “A meno che, a cambiare non saranno le teste. Da noi, il problema non è essenzialmente il lavoro, quanto riuscire a trovarlo senza troppi problemi. A livello creativo i ragazzi hanno molte risorse, e mi piange il cuore quando li vedo rinchiusi all’interno di un call center senza alcuna possibilità di esprimere la loro creatività. Andrebbero agevolati nell’aprire un’attività, in maniera tale da essere considerati delle risorse per il territorio. Questa potrebbe essere una delle chiavi per far sì che Palermo possa tornare a risplendere. Ciò che sembra retorica in realtà non lo è: la nostra è una città che offre tantissimo ma il cui cambiamento sembra destinato a rimanere potenziale.”

E se a ribadirlo è un’emigrata che da sei anni – assieme al marito anch’esso originario di Palermo – vive a Manchester in UK, ci sembra doveroso ascoltare con estrema attenzione.

Raggiunta da Palermo Live, Nadia Iemmola, 45enne musicoterapista, ci spiega le ragioni della decisione di lasciare la sua terra. “E’ la stessa materia di cui mi occupo a fare capire quanta differenza ci sia tra l’Italia e un Paese come l’Inghilterra. Qui sono musicoterapista abilitata, regolarmente iscritta all’albo con la possibilità di esercitare la professione di dottoressa. Nei reparti delle strutture sanitarie i musicoterapisti sono ricercati e la base di uno stipendio parte dai 35 mila pound l’anno, ovvero dai 40 mila euro l’anno in su. E si parla soltanto della base, destinata a incrementare qualora si riuscisse a fare carriera. Quì vige la regola della meritocrazia, e non esistono nè raccomandazioni nè nepotismi di sorta.”

LA GRANDE INGIUSTIZIA

Nadia, che ha frequentato il conservatorio, dopo avere conseguito la laurea ha avuto accesso ad un corso triennale di musicoterapia svolto a Noto. Ma è quì che si verifica quello che lei stessa definisce “un caos all’italiana. Ovvero quando si è deciso che il biennio di musicoterapia dovesse essere appannaggio soltanto di alcuni conservatori italiani . Fino a quando gli stessi non sono diventati operativi infatti, i nostri titoli, ottenuti tramite corsi privati avevano una valenza, dopodichè no. Un’ingiustizia bella e buona, una disparità che ha portato i frequentatori del biennio di musicoterapia ad accedere a concorsi per cattedra e a potere ambire a strutture ospedaliere, mentre chi come me vanta le stesse competenze, ma ottenute tramite tre anni di corso è rimasto al palo. Motivo per il quale, cercare fortuna altrove è stata una naturale conseguenza. Non priva – precisa Nadia – di tanta rabbia e risentimento”.

Il libro di Nadia dal titolo “Musicoterapia funzionale”

IL PRIMO LIBRO DI NADIA

Ma lei, che il suo futuro non lo vede per sempre a Manchester (“il sogno sarebbe quello di tornare in Sicilia, trovare un lavoro affine alle mie competenze e viaggiare tanto con mio marito“), in attesa di una chiamata lavorativa ha messo a frutto la sua professione. “Ho scritto un libro dal titolo ‘Musicoterapia funzionale“. Non è altro che il concretizzarsi della mia ricerca per la tesi di laurea per la musicoterapia. Una sorta di personalissimo modello di studio della materia che in Italia non sarebbe minimamente riconosciuto. E quì si torna al discorso già affrontato del problema, tutto italiano, di tarpare le ali alla creatività, senza neanche prendersi la briga di attenzionare il nuovo.

ITALIA BELLA E INGRATA

Quella di Nadia vuole essere una testimonianza, l’ennesima, di quante sono le persone animate da costanza e buona volontà che altro non chiedono di lavorare. Una semplice, legittima richiesta, puntualmente mortificata. “A queste condizioni, capisco chi, come me, prende in considerazione di abbandonare l’Italia, quello che, nonostante tutto, continuo a ritenere il Paese più bello anche se ingrato del mondo”.