Nessun permesso premio al boss Graviano: non collabora con gli inquirenti

Ad aprire le porte della cella al capomafia non sono bastate la condotta carceraria regolare e la laurea magistrale presa in carcere. Secondo la Cassazione si è dissociato da Cosa Nostra solo a parole

Un'immagine d'archivio, senza data, del boss mafioso Giuseppe Graviano. ANSA / FRANCO LANNINO

 

 

Per il capomafia Filippo Graviano, tra i mandanti per le stragi del ’92 e del ’93, condannato all’ergastolo anche per l’uccisione di don Pino Puglisi, le porte del carcere  resteranno chiuse. La mancata collaborazione con gli inquirenti impedisce al boss  di ottenere un permesso premio. Questo malgrado «la regolare condotta carceraria e il percorso scolastico». Graviano, classe ’61 è in carcere dal 1994 sottoposto al regime “differenziato”. Sul no alla richiesta di permesso premio – pronunciato dal Tribunale dell’Aquila e confermato dalla Cassazione (sentenza 41329) – ha pesato la sua dissociazione, considerata solo di facciata, e l’aver mantenuto rapporti con i familiari tra i quali ci sono «anche soggetti pure coinvolti in logiche associative». tra i mandanti delle stragi del ’92 e ’93, condannato all’ergastolo per l’uccisione di Don Pino Puglisi

La Cassazione conferma il diniego del tribunale di sorveglianza di L’Aquila

La prima sezione penale della Suprema corte ha, infatti, considerato corretta l’ordinanza con la quale i giudici abruzzesi, il 9 febbraio 2022, avevano respinto la domanda per accedere al beneficio fatta da Filippo Graviano, chiarendo che «il detenuto aveva sottoscritto una dichiarazione di dissociazione, cui non aveva fatto seguito una collaborazione con gli inquirenti». Oltre ai rapporti con i familiari in coinvolti in logiche di clan.

Il ricorso dei difensori

Contro la decisione, la difesa aveva fatto ricorso in Cassazione denunciando la violazione dell’articolo 30ter dell’ordinamento penitenziario che regola la concessione dei permessi premio. «Il detenuto – aveva sottolineato il difensore – aveva reso dichiarazione incondizionata di dissociazione ed aveva accettato il confronto con il pentito Spatuzza.  Il quale  ne aveva riconosciuto l’estraneità a fatti di sangue. Inoltre non era stato coinvolto in una recente indagine avente ad oggetto il mandamento mafioso di Brancaccio, già di riferimento» del Graviano. Inoltre, «la condotta in carcere era sempre stata regolare, tanto che era stata riconosciuta la liberazione anticipata, e di partecipazione al trattamento, come desumibile dal percorso scolastico giunto sino al conseguimento, con il massimo dei voti, della laurea magistrale». La difesa aveva anche fatto presente che «la sottoposizione al regime differenziato non è incompatibile con l’ammissione all’esperienza premiale».