Il nuovo pentito catanese: «Così diedi il segnale per uccidere Borsellino»

Il pentito Maurizio Avola ha affidato al giornalista Michele Santoro una serie di rivelazioni contenute in un libro di prossima uscita

C’è un nuovo pentito, catanese, che ha rivelato di aver partecipato in prima persona alla strage di via d’Amelio, quella dell’assassinio di Paolo Borsellino. Si chiama Maurizio Avola, ed è un pentito di spessore, uno che apparteneva al clan Santapaola, e che si è autoaccusato di decine di omicidi per conto di Cosa nostra. Ha subito una condanna anche per l’omicidio del giornalista Giuseppe Fava a Catania, ed ha conosciuto personalmente Matteo Messina Denaro, il boss di Castelvetrano, e con lui ha compiuto diverse azioni.

LA DICHIARAZIONE DI MAURIZIO AVOLA

«Sono l’ultima persona che ha visto lo sguardo di Paolo Borsellino, prima di dare il segnale per fare quella maledetta esplosione. Mi accendo la sigaretta, lo guardo, mi soffermo, mi rigiro e faccio il segnale». Queste le dichiarazioni che ha reso il pentito alla Procura di Caltanissetta, riportate in un libro del giornalista Michele Santoro “Nient’altro che la verità”. Un libro che fra non molto sarà in vendita per Marsilio. Il killer di mafia inoltre, degli attimi che hanno preceduto la strage di via d’Amelio ne ha parlato anche in alcune dichiarazioni pubblicate in un video del giornale online TPI. In esse il pentito catanese ha confermato di aver partecipato in prima persona nell’attentato in cui fu assassinato il magistrato che dava la caccia a Cosa nostra.

UNA PRESENZA MAI EMERSA

La presenza di Maurizio Avola a Palermo per l’uccisione di Paolo Borsellino e della sua scorta non era ancora emersa nei processi per la strage di Via D’Amelio. E adesso le sue dichiarazioni sono al vaglio della Dda Nissena. Il pentito Gaspare Spatuzza, teste chiave del nuovo processo dopo la revisione di quello nato dalle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino, non ha mai parlato della presenza di questo personaggio sul luogo dell’attentato. Nella sinossi del libro viene descritto così: “Maurizio Avola non è famoso come Tommaso Buscetta e non è un capo come Totò Riina. Ma non è un killer qualsiasi: è il killer perfetto, obbediente, preciso, silenzioso, e proprio per questo indispensabile nei momenti decisivi. Forse sottovalutato dai suoi capi e dagli inquirenti che ne hanno vagliato le testimonianze. Avola ha archiviati nella memoria particolari, voci, volti che coprono tre decenni di storia italiana”.